Perché l’oro è risalito a 2.000 dollari con l’inflazione in calo?

L'oro è tornato a salire a 2000 dollari, nonostante l'inflazione stia scendendo un po' ovunque. Vi spieghiamo l'apparente paradosso.
1 anno fa
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Oro 18 carati, a quale prezzo?
Oro 18 carati, a quale prezzo? © Licenza Creative Commons

L’oro è tornato a splendere e questa settimana è risalito nuovamente a quota 2.000 dollari l’oncia. Una buona notizia per chi aveva scommesso di recente sul metallo, ma che disorienta i più. Questo è un “safe asset” per antonomasia, sul quale gli investitori riversano i capitali particolarmente nei periodi di crisi. Serve, ad esempio, a proteggere il potere di acquisto nel medio-lungo termine, vale a dire a combattere gli effetti dell’inflazione.

La cosa curiosa è che, salvo un paio di capatine in coincidenza con i momenti di forte tensione geopolitica e/o finanziaria, l’oro durante questo biennio di alta inflazione non abbia brillato granché.

E adesso che questa inizia a scemare, sta risalendo la china. Non vi sembra un paradosso? Lo è solo se non si considera che in economia e finanza tutto si lega.

Effetto inflazione

L’inflazione sta scendendo, è vero. Questo comporta, però, che i rendimenti obbligazionari stiano anch’essi scendendo dai massimi toccati negli ultimi mesi. Il T-bond a 10 anni degli Stati Uniti è passato dall’offrire poco meno del 5% cinque settimane fa a meno del 4,50%. Di conseguenza, i titoli del debito americano stanno perdendo appeal e gli afflussi dei capitali esteri stanno riducendosi presso la prima economia mondiale. Ed ecco che il dollaro sta perdendo forza. Da inizio novembre, cede in media oltre il 3%. E guarda caso, l’oro è salito di oltre il 3% dai minimi di questo mese.

Poiché l’oro è quotato in dollari, quando il biglietto verde s’indebolisce è una buona notizia per gli investitori non americani. Significa che per loro costa meno e la domanda sale. Questo porta a un aumento delle quotazioni. D’altra parte, lo stesso calo dei rendimenti obbligazionari rende il metallo un’alternativa più appetibile in termini di investimento. Ecco perché l’oro sta rincarando sui mercati internazionali. Scende l’inflazione, scemano rendimenti e dollaro e per questo i capitali trovano più conveniente acquistarlo.

Oro a 2.000 dollari anche con le guerre

A ciò dobbiamo aggiungere le tensioni geopolitiche. Alla guerra tra Russia e Ucraina si aggiunge quella tra Israele e Hamas. Si respira una certa distensione nei rapporti tra Stati Uniti e Cina, ma i numerosi punti di discordia rimangono. Per fortuna ciò non sta impattando sulle quotazioni petrolifere, che dopo una breve e contenuta fiammata sono scivolate fin sotto gli 80 dollari per un barile di Brent. E questo aspetto sta contenendo la crescita dell’oro sopra 2.000 dollari.

Infine, le banche centrali. Stanno continuando a comprare oro a ritmi record. In Asia, la tendenza da anni è ormai di accumulare riserve auree per allentare la dipendenza dal dollaro. L’oro è considerato a tutti gli effetti un “nemico del dollaro”, trattandosi di una moneta sempre accetta e spendibile e mai soggetta a crisi di fiducia per il semplice motivo che nessuno ne può stampare a piacimento. Le previsioni a medio-lungo termine sono improntate a un certo ottimismo proprio per questo.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
Il suo motto è “Il lettore al centro grazie a una corretta informazione”; ogni suo articolo si pone la finalità di accrescerne le informazioni, affinché possa farsi un'idea dell'argomento trattato in piena autonomia.

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