Perché per i BTp da ieri la vita si è fatta più dura e suona l’allarme BCE

Spread in allargamento e rendimenti dei BTp in risalita ieri dopo la sentenza della Corte Costituzionale tedesca. Per la BCE è diventato più difficile coprire le spalle all'Italia.
5 anni fa
2 minuti di lettura

Lo spread BTp-Bund a 10 anni ha superato i 250 punti base ieri pomeriggio, salendo ai massimi dal 24 aprile, con i rendimenti decennali italiani ad essersi riportati sulla soglia del 2%. Nella mattinata, era arrivata la sentenza della Corte Costituzionale tedesca, che nel respingere il ricorso presentato da accademici e uomini d’affari contro il “quantitative easing” della BCE ne ha delineato ulteriormente i paletti, fissando un ultimatum di 3 mesi entro cui Francoforte dovrà chiarire i termini della “proporzionalità” del programma di acquisti di assets.

La Corte Costituzionale tedesca salva a metà il QE della BCE, per BTp notizia non buona

Le implicazioni per i BTp appaiono negative sia nel breve, che nel medio-lungo termine. Partendo da quest’ultimo, l’istituto dovrebbe rassicurare la Bundesbank, stando ai giudici di Karlsruhe, sulla temporaneità delle detenzioni dei bond a bilancio, ovvero che saranno rivenduti quando le condizioni lo consentiranno. Potrebbero passare anni prima che ciò avvenga, nel frattempo viene meno l’ipotesi di un “congelamento” dei debiti sovrani a bilancio, sulla quale i governi dell’area, italiano in testa, stanno riponendo fiducia nell’ottica di una loro sostenibilità futura.

E nel breve? Per quanto vi abbiamo spiegato che il QE rimarrà intatto, pure nella versione potenziata a marzo, così come che il PEPP varato per affrontare l’emergenza Coronavirus non sia nemmeno stato oggetto del ricorso ai giudici costituzionali tedeschi, sembrano sussistere ripercussioni tendenzialmente negative per i nostri titoli di stato. Ad aprile, la BCE ne acquistato per 10,9 miliardi di euro, il 37% del totale. E nei primi 4 mesi dell’anno, gli acquisti di BTp hanno inciso per il 31,7%. Attualmente, la loro quota ammonta a poco più del 17%, sopra il peso che dovrebbero avere, se si rispettasse alla lettera il “capital key”, che lega gli acquisti alle dimensioni economiche dei singoli stati.

Un brutto colpo per i BTp

E se è vero che il PEPP è stato studiato per essere utilizzato senza il vincolo di tale ponderazione, con la sentenza arrivata dalla Germania l’aria sembra cambiata.

Così come gli stimoli monetari rischiano di mostrarsi sproporzionati con riferimento al loro impatto fiscale nell’area, al loro interno palesemente starebbero avvantaggiando alcuni emittenti (Italia, Spagna e Francia) al posto di altri (Germania, Olanda, etc.). Per la BCE diventerà sempre più difficile giustificare acquisti concentrati sull’Italia, essendo arrivati anche al 40% delle risorse totali impiegate, traducendosi in un’aperta violazione dei Trattati, laddove vietano la monetizzazione dei debiti sovrani.

Karlsruhe non ravvisa ad oggi una tale violazione, ma un ricorso contro il PEPP sarebbe possibile nei prossimi mesi, qualora si trasformasse in uno strumento di sostegno al debito pubblico italiano. E prima ancora di arrivare a una nuova sentenza, governo di Berlino e Bundesbank alzerebbero la voce, essendo stati a loro volta accusati dai giudici tedeschi di non avere preteso dalla BCE una previa valutazione sulla proporzionalità degli stimoli varati. Da qui a 3 mesi, poi, i funzionari di Lagarde dovranno esitare una risposta convincente alla Bundesbank, consentendole così di continuare a partecipare al QE. In questo frangente, i mercati vedranno l’istituto depotenziato nella sua capacità di rispondere tempestivamente e adeguatamente alle esigenze che si presenteranno man mano che la crisi sanitaria si tradurrà del tutto in economica e fiscale nell’Eurozona.

Per questo, ci aspettiamo che la BCE non si prenda tutti i 90 giorni di tempo per fornire i dovuti chiarimenti alla Germania, puntando a minimizzare l’incertezza per non scalfire l’efficacia delle sue stesse misure. Per i BTp, comunque vada, un peggioramento delle prospettive, essendo saltata quella copertura che faticosamente e informalmente Francoforte aveva garantito loro nelle ultime settimane dopo l’infelice frase pronunciata dalla Lagarde in conferenza stampa a marzo, secondo cui “non siamo qui a chiudere gli spread”.

La sentenza di ieri ci fa tornare proprio a quel giorno, scoperchiando il vaso di Pandora di una politica monetaria caricata di eccessiva portata salvifica, quando il suo unico compito sarebbe di perseguire la stabilità dei prezzi, pur passando questa per una riduzione della frammentazione dei mercati nell’area. Un brusco risveglio dopo un mese e mezzo di illusioni.

Perché il PEPP non basta per ‘scudare’ i BTp 

[email protected] 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
Il suo motto è “Il lettore al centro grazie a una corretta informazione”; ogni suo articolo si pone la finalità di accrescerne le informazioni, affinché possa farsi un'idea dell'argomento trattato in piena autonomia.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Articolo precedente

MES, Recovery Fund, QE: l’Italia di Conte isolata e accerchiata in Europa

Taglio iva e carta risparmio spesa
Articolo seguente

Buono spesa del comune: gli adempimenti fiscali per il negoziante