E’ in risalita lo spread tra BTp e Bund a 10 anni nella seduta di oggi. Il differenziale di rendimento decennale tra i titoli di stato italiani e tedesco viaggia in queste ore appena sotto 170 punti base o 1,70%. Mentre scriviamo, il BTp a 10 anni offre il 4,07% e il Bund di pari durata il 2,38%. Entrambi sono in crescita rispetto ai livelli di venerdì scorso, quando si attestavano rispettivamente al 3,97% e al 2,31%. Nella giornata odierna i mercati scontano i buoni dati sul lavoro negli Stati Uniti, i quali prefigurano un altro aumento dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve.
Fatto sta che lo spread non era risultato così basso sin dall’aprile dello scorso anno, quando a Palazzo Chigi sembrava salda la figura di Mario Draghi. In un certo senso, il trend calante delle ultime sedute appare in contrasto con le previsioni di analisti come Goldman Sachs, che prezzano un differenziale in rialzo a 235 punti entro fine anno. Come mai, invece, lo spread sta scendendo e i titoli di stato italiani si mostrano ben più resilienti delle previsioni?
Ragioni ottimismo verso Italia
Il primo fattore è politico. Dal suo insediamento a capo del governo italiano Giorgia Meloni ha sorpreso positivamente circa la politica fiscale. I conti pubblici restano sotto controllo e, grazie ad una crescita economica italiana migliore delle previsioni passate, il rapporto tra debito pubblico e PIL è su una traiettoria discendente. D’altra parte, il PIL sta esibendo una buona performance grazie al crollo dei prezzi dell’energia. Il gas si è portato ai livelli di due anni fa. Questo stempera le tensioni attorno all’alta inflazione, scesa nell’Area Euro al 6,1% a maggio. Si tratta del dato più basso dal febbraio 2022.
Sebbene la stretta monetaria della Banca Centrale Europea (BCE) non sia finita, i mercati iniziano a scontarne la cessazione da qui a qualche mese.
Spread tra BTp e Bund in ulteriore calo?
Si considerino a tale proposito i CDS a 5 anni. Sono titoli che assicurano contro il rischio default. Oggi, sono scesi a 102,47 punti, ai minimi da due mesi e mezzo. A febbraio, tuttavia, erano scesi ad un costo inferiore a 90 punti base. Non a caso, in quelle settimane si era diffuso un forte ottimismo circa la discesa dell’inflazione e, quindi, la fine imminente della stretta BCE. Le aspettative andarono deluse poco dopo per via della persistenza dell’inflazione nell’Area Euro e pure negli Stati Uniti.
Per concludere, le agenzie di rating. Moody’s aveva minacciato il declassamento a “junk” dei BTp a fine aprile. Ha evitato una simile mossa dalle conseguenze drammatiche per l’Italia. Adesso, c’è persino aria di upgrade. Non subito, ma possibilmente entro la fine dell’anno. Il peggio sul fronte della restrizione monetaria sarebbe alle spalle. E una volta che Francoforte avrà completato l’aumento dei tassi, non è escluso che una o più agenzie di rating promuovano i giudizi sui titoli di stato italiani, e non solo. Lo spread sconterebbe uno scenario simile. Tra maggiore crescita e calo dell’inflazione (pur lentamente), la direzione per l’Italia sembra giusta.