Il prezzo del petrolio si starebbe dirigendo verso i 200 dollari al barile entro la fine di marzo. A dirlo sono 200 contratti di opzione siglati nella mattinata odierna per le consegne a maggio e in scadenza il 28 marzo, tre giorni prima della data di regolamento. A guardare l’andamento delle quotazioni sul mercato, si direbbe che la scommessa non sia affatto così azzardata come pensiamo. Mentre scriviamo, un barile di Brent si acquista a oltre 128 dollari, circa 10 in più rispetto al prezzo di chiusura di venerdì scorso e ai massimi dal 2008.
La situazione è di allarme rosso. La Russia è stata colpita da sanzioni finanziarie durissime da parte dell’Occidente (USA, Unione Europea, Regno Unito, Canada, Giappone e Australia) dopo l’invasione dell’Ucraina di due settimane fa. Queste per il momento stanno escludendo il comparto energetico, vista la dipendenza dell’Europa da petrolio e gas russi. Tuttavia, gli USA stanno ipotizzando di imporre un embargo sulle esportazioni russe delle due materie prime senza coinvolgere gli alleati europei.
Embargo contro petrolio russo, recessione europea
La sola prospettiva sta tenendo alla larga il mercato dalla Russia, con le navi-cisterna che girano a vuoto attorno alle sue coste senza caricare i barili. La Russia esporta 7,8 milioni di barili al giorno e uno studio australiano stima che lo spettro dell’embargo starebbe facendo collassare le sue vendite all’estero di 5 milioni di barili al giorno, qualcosa come il 5% dell’offerta globale. Ecco spiegata la ragione per la quale i prezzi del petrolio stanno esplodendo di seduta in seduta. Peraltro, dalla Libia si registra un calo delle estrazioni, mentre l’accordo sul nucleare tra USA e Iran appare in stallo. Il suo raggiungimento porrebbe fine all’embargo americano contro Teheran.
La gravità della situazione si coglie anche sul mercato del gas europeo, dove il prezzo è salito a 216 euro per megawatt-ora, segnando un nuovo record storico e più che triplicando rispetto ai livelli di apertura di quest’anno, già di per sé elevati.