Sul finire della scorsa settimana, gli analisti di JP Morgan hanno pubblicato una previsione sul petrolio a dir poco agghiacciante. Al G7 di Elmau, Germania, i principali paesi industrializzati hanno inasprito le sanzioni contro la Russia, tra l’altro varando anche l’embargo sull’oro. Allo studio dei governi vi è anche un meccanismo per imporre un tetto al prezzo del greggio russo, un modo per ridurre le entrate statali di Mosca. Tuttavia, la banca d’affari americana teme che questa mossa possa rivelarsi un boomerang a tutti gli effetti.
L’arma del petrolio di Putin
Gli analisti di JP Morgan ricordano, infatti, che la Russia ha una solidità fiscale di fondo che le consentirebbe allo stato attuale di ridurre la produzione fino a 5 milioni di barili al giorno senza accusare grosse conseguenze per la propria economia. Di fatto, potrebbe privarsi delle sue esportazioni per un certo periodo, il tempo di piegare l’Occidente e indebolirlo al punto tale da indurlo ad alzare bandiera bianca sull’Ucraina.
La situazione è delicatissima. Il motto del G7 quest’anno è stato “Putin non deve vincere”. Se vincesse, non solo rafforzerebbe il proprio appeal geopolitico, ma si sentirebbe autorizzato prima o poi ad attaccare qualche altro stato europeo, Moldavia in primis. D’altra parte, il Cremlino ritiene che in Ucraina non possa perdere; sarebbe la fine politica non solo di Vladimir Putin, ma anche della Russia intesa come potenza regionale.
Inflazione già alle stelle in Occidente
Ieri, il prezzo del petrolio si aggirava intorno ai 112 dollari al barile, sotto i massimi recenti di oltre 123 dollari toccati nei primi di giugno.
La ritorsione russa difficilmente sarebbe compensata dall’aumento delle estrazioni nel breve periodo in altri stati produttori. In attesa di verificare se e a quale intesa giungeranno Arabia Saudita e USA dopo l’atteso incontro tra il presidente Joe Biden e il principe Mohammed bin Salman, sembra che il Medio Oriente si sia schierato silentemente per interesse con Mosca. Alte quotazioni convengono a tutti i paesi esportatori, seppure non al punto di mandare le economie clienti in recessione. E speriamo che di questo tenga conto il Golfo Persico nelle prossime settimane.