Petrolio ai minimi da tre settimane, ecco perché con la fine della guerra in Ucraina può crollare

Il petrolio può crollare con la fine della guerra tra Russia e Ucraina. Già è sceso ai minimi da tre settimane sui mercati internazionali.
1 giorno fa
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Prezzi petrolio ai minimi da 3 settimane
Prezzi petrolio ai minimi da 3 settimane © Licenza Creative Commons

Viaggia intorno ai 76,50 il prezzo del petrolio (Brent) sui mercati internazionali, perdendo il 6,6% dai massimi toccati due settimane fa, quando superava gli 82 dollari. E si riporta ai minimi da tre settimane. Un segnale positivo per la Banca Centrale Europea (BCE), il cui board si riunisce oggi e domani per decidere se continuare a tagliare i tassi di interesse o prendersi una pausa. Poiché le materie prime impattano sulle aspettative d’inflazione, il trend di queste ultime sedute perlomeno rasserena.

Petrolio su con taglio offerta

Tuttavia, il petrolio resta ancora relativamente caro. Non c’è un eccesso di domanda, bensì una restrizione dell’offerta decisa in era Covid dall’OPEC, l’organizzazione che riunisce i Paesi esportatori guidati dall’Arabia Saudita e che da anni collabora con una decina di stati esterni, tra cui la Russia di Vladimir Putin.

Da questo coordinamento nasce il cosiddetto OPEC+, espressione informale per indicare tale alleanza di fatto.

Con Trump torna “drill, baby, drill”

Anche all’ultima riunione di dicembre l’OPEC ha deciso di procrastinare il taglio dell’offerta, tra cui spicca quello volontario di Riad e che vale mezzo milione di barili al giorno. In questo modo, il cartello riesce nel breve termine a tenere i prezzi del petrolio più alti di quanto sarebbero secondo le condizioni del mercato. La situazione inizia a mutare. Al giuramento del 20 gennaio, il presidente americano Donald Trump ha promesso una politica energetica all’insegna del “drill, baby, drill”. Ci saranno maggiori estrazioni di oro nero negli Stati Uniti, grazie all’allentamento della regolamentazione imposta dall’amministrazione Biden.

Tenere alti i prezzi inizia a non convenire più ai sauditi. Già un decennio fa, il regno orchestrò un loro crollo per scoraggiare i produttore di “shale” americano ad estrarre barili. L’azione fu volta a contenere la loro espansione sul promettente mercato asiatico. Ma c’è un’altra questione che rileva nelle decisioni del principe Mohammed bin Salman, vero detentore del potere nel regno. Nei giorni scorsi lo abbiamo visto ricevere la premier Giorgia Meloni, con cui ha sottoscritto accordi per 10 miliardi di dollari. E’ la guerra tra Russia e Ucraina.

Putin confida nell’alleato saudita

Il petrolio è la vera arma con cui Putin riesce da tre anni a combattere senza danni fatali per le finanze statali. Se il prezzo scivolasse, avrebbe grosse difficoltà a proseguire con l’invasione dell’Ucraina. Per fortuna che ci sta pensando l’alleato a reggerlo con i tagli volontari e quelli concordati con il resto dell’OPEC. Una volta che questa guerra finisse – si spera che un accordo possa trovarsi entro l’anno – l’esigenza di sostenere le quotazioni verrebbe parzialmente meno. A quel punto, i sauditi avrebbero minori remore nel cessare la restrizione dell’offerta.

Certo, se il petrolio potesse essere venduto sempre a prezzi elevati, non si farebbero scrupolo nello sfruttare la situazione. Ma l’equilibrio di lungo periodo non lo consente. E c’è sempre la geopolitica ad imporre un possibile cambio di linea.

Finita la necessità di dare una mano alla Russia, occorrerà punire l’Iran. La Repubblica Islamica è nemico giurato dell’Arabia Saudita. I due si contendono il controllo del Medio Oriente e la prima finanzia e arma numerosi gruppi mussulmani con l’obiettivo di esportare la sua visione dell’islam sciita. Ha un’economia molto in crisi a causa di sanzioni e chiusura al mercato mondiale. Si regge appena in piedi grazie al petrolio, su cui graverebbe l’embargo occidentale.

Petrolio giù con fine guerra Russia-Ucraina?

Usiamo il condizionale, perché sotto l’amministrazione Biden si è chiuso più di un occhio. Di fatto, l’Iran esporta petrolio come se non ci fossero sanzioni internazionali. Già con Trump questa storia può cambiare. Comunque sia, Riad avrebbe la convenienza a far sprofondare le quotazioni per un certo periodo, al fine di indebolire finanziariamente Teheran. Ma potrà farlo, appunto, quando la Russia sarà fuori pericolo, cioè a guerra cessata. Dovremmo attendere mesi, forse. O chissà che non basti il raggiungimento di una tregua sul campo per passare alla nuova fase.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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