In Texas, USA, è stato appena scoperto un nuovo giacimento di petrolio da 20 miliardi di barili, le cui dimensioni sarebbero, quindi, tre volte tanto quelle del giacimento di Bakken, nel Nord Dakota, diventando potenzialmente il più grande nella storia americana. Inoltre, sarebbero disponibili anche 1,6 miliardi di barili di gas naturale. Ai prezzi attuali del Wti, la scoperta varrebbe la bellezza di 900 miliardi di dollari come minimo ed è situata nell’area del Perman Basin, al Wolfcamp, dove già sono operativi 3.000 pozzi sfruttati con la pratica del “fracking”.
Sembra quasi una benedizione per la nuova amministrazione a guida Donald Trump, che punta proprio ad aumentare le estrazioni di greggio negli States, aumentando le licenze offerte alle compagnie e ammorbidendo le regole per le trivellazioni. (Leggi anche: Petrolio, voto USA cambia lo scenario)
Eppure, non è detto che tutto il giacimento sia immediatamente sfruttabile. Il presidente del Permian Basin Petroleum Association, Morris Burns, sostiene, infatti, che le estrazioni sarebbero economicamente sostenibili solo con quotazioni intorno ai 60-65 dollari al barile, ovvero di almeno il 40% superiori ai livelli attuali. E proprio l’ampio sfruttamento dei giacimenti in suolo americano con la tecnica del fracking impedirebbe una risalita rapida dei prezzi. Al momento, infatti, gli USA hanno attivi 300.000 pozzi, che quotidianamente immettono sul mercato 4,3 milioni di barili, quando nel 2000 erano ancora fermi a 102.000. Il boom del cosiddetto “shale” ha contribuito a far crollare le quotazioni dagli oltre i 100 dollari dell’estate 2014 ai 25-30 di inizio 2016. (Leggi anche: Petrolio, prezzi sperano in Obama)
Più ottimismo sull’accordo OPEC
Nel frattempo, il greggio si sta riportando ai massimi da inizio novembre, accingendosi a chiudere l’ottava poco sopra i 45 dollari al barile per il Wti americano e a 46,07 dollari per il Brent, segnando finalmente un rialzo settimanale di circa il 4,3% e 3,3% rispettivamente, grazie al maggiore ottimismo sui mercati per il raggiungimento di un accordo OPEC a fine mese, con il quale il cartello, responsabile di oltre un terzo della produzione mondiale, taglierebbe l’offerta quotidiana a 32,5-33 milioni di barili dai 33,64 medi di ottobre.