Dopo una settimana di polemiche e forti tensioni finanziarie, specie ai danni dei titoli di stato del Sud Europa, la BCE ha svoltato. Ieri sera, dopo una riunione straordinaria del board di 3 ore, ha lanciato il “Pandemic Emergency Purchase Programme” (PEPP), un piano di acquisti da 750 miliardi di euro e destinato a contrastare gli effetti del Coronavirus sull’economia dell’Eurozona. Durerà fino a quando non sarà cessato l’allarme pandemico e, in ogni caso, non prima della fine di quest’anno.
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Il piano prevede l’acquisto di tutti gli assets già inseriti nell’attuale “quantitative easing”, vale a dire titoli di stato, obbligazioni private non finanziarie, Abs e covered bond. A questi, si aggiungeranno i titoli di stato della Grecia, pur avendo un rating “non investment grade”, e i titoli cambiari non finanziari, vale a dire i pagherò emessi dalle società. In quest’ultimo caso, si tratta di un passo che ricalca quello compiuto qualche giorno fa dalla Federal Reserve e che mira a sostenere la liquidità tra le imprese, così da non interrompere la catena dei pagamenti.
Per i titoli del settore pubblico, si legge nel comunicato ufficiale della BCE, gli acquisti verranno condotti seguendo la regola del “capital key”, vale a dire che i bond sovrani verranno rastrellati sul mercato secondario in proporzione al peso delle economie nazionali. Ma l’istituto si ritaglia la flessibilità necessaria ad evitare che la frammentazione dei mercati possa minacciare il meccanismo di trasmissione della politica monetaria, ossia la sua stessa efficacia. Inoltre, la durata del programma potrà essere estesa e lo stesso importo innalzato all’occorrenza.
I beneficiari del PEPP
Il PEPP può essere considerato un “super QE”. Già fino a ieri, il monte-acquisti di bond nell’area era di 20 miliardi di euro al mese, a cui si aggiungevano i 120 miliardi stanziati al board della settimana scorsa fino alla fine dell’anno e senza una previsione puntuale dei suoi ritmi.
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E’ evidente che a beneficiare maggiormente di questo nuovo programma saranno gli stati più in difficoltà sui mercati finanziari, Italia e Grecia in primis, ma anche Spagna e Portogallo, vista l’impennata dei rispettivi spread accusata nelle ultime sedute. Rispettando fedelmente il “capital key”, la quota di acquisti spettante all’Italia salirebbe di una media mensile di 13-13,5 miliardi, pari a un totale di 120 miliardi, che ad occhio e croce corrisponde al deficit atteso per quest’anno, se si avverassero alcune previsioni negative sul pil. Sarà in grado il PEPP di contenere gli spread ai livelli pre-board o almeno di non farli esplodere ulteriormente? C’è tutta la sensazione che, per una prima fase, dovrebbe risultare più che sufficiente, anche perché nel caso di tensioni specifiche, adesso la BCE avrebbe il mandato esplicito di intervenire per restringere gli spread, perché nella sostanza di questo si tratta.
La stessa Grecia può brindare alla svolta. L’inserimento dei suoi bond sovrani nei piani BCE era atteso solamente con il raggiungimento del rating minimo dell’area “investment grade”, che di questo passo non sarebbe arrivato da qui a 12-18 mesi.