Si avvicinano le elezioni federali, ma le prospettive economiche si fanno sempre più fosche. Il Pil in Germania crescerebbe quest’anno solamente dello 0,3% per il ministro dell’Economia e vicecancelliere Robert Habeck. Ad ottobre, il governo tedesco aveva stimato una crescita dell’1,1%, per cui la previsione è stata rivista nettamente al ribasso. Adesso, converge con quella del Fondo Monetario Internazionale, che stima anch’esso un +0,3%. Ma ancora peggio andrebbe per Bundeserband der Deutschen Industrie, la Confindustria tedesca, secondo cui per il 2025 dovremmo attenderci un calo dello 0,1%. Se fosse così, sarebbe il terzo consecutivo. L’ultimo trimestre del 2024 è andato anch’esso peggio delle previsioni con un calo congiunturale dello 0,2%.
Recessione pesa anche sull’Italia
Il Pil in Germania è sceso già dello 0,3% nel 2023 e dello 0,2% nel 2024. Una recessione che si spiega con l’elevato costo dell’energia a causa del boom dei prezzi per il gas e lo stop alle importazioni di petrolio dalla Russia. A dicembre, l’inflazione è risalita al 2,8%, secondo il tasso armonizzato con l’Unione Europea. Si tratta di un dato ben superiore al target del 2% fissato dalla Banca Centrale Europea.
La crisi dell’economia tedesca pesa sul resto dell’Eurozona. L’Italia esporta annualmente qualcosa come circa 80 miliardi di euro in Germania, per cui il rallentamento degli ordini impatta negativamente sulla nostra crescita. Essa è attesa positiva e decisamente superiore a quella del Pil in Germania, ma pur sempre inferiore all’1% e malgrado le decine di miliardi di investimenti realizzati grazie al Pnrr.
Crisi tegola su politica tedesca
Il cattivo stato dell’economia tedesca pesa anche sul dibattito elettorale insieme all’allarme sicurezza. I partiti al governo negli ultimi tre anni e passa sono dati in forte calo di consensi. Il Partito Liberaldemocratico (FDP) rischia di restare fuori dal Bundestag, dato sotto la soglia di sbarramento del 5%. E vola sopra il 20%, invece, l’AfD di Alice Weidel.
Le sue posizioni sono euroscettiche e considerate razziste dagli altri partiti. Il prossimo cancelliere dovrebbe essere Friedrich Merz, leader dell’Unione cristiano-democratica e che intende smarcarsi dalla pesante eredità di Angela Merkel. Tra le sue proposte, il ritorno al nucleare e la deregolamentazione per potenziare il tasso di crescita del Pil in Germania nel medio-lungo periodo, oltre che controlli alle frontiere possibilmente permanenti.
Pil in Germania minacciato anche dai dazi di Trump
Anche se un cambio di governo non potrà che fare bene all’economia tedesca, data l’insipienza di quello uscente, nessuno si aspetti un rilancio immediato. Per prima cosa ci sarà il rebus delle alleanze ad aprirsi subito dopo le elezioni e che farà perdere tempo, oltre a generare ulteriori incertezze sulla direzione di marcia. Socialdemocratici, Verdi, Liberali e AfD sono tutte opzioni (quest’ultima esclusa, almeno in teoria, da Merz) che presuppongono l’una l’adozione di un programma radicalmente differente dalle altre. E poi ci sono i dazi americani ad inquietare Berlino. Le esportazioni di merci e servizi sorreggono l’economia e valgono il 43-44% del Pil in Germania.
Una guerra commerciale globale chiuderebbe i mercati di sbocco e lascerebbe le imprese tedesche a corto di clienti.