L’Istat ha comunicato che il Pil italiano nel primo trimestre del 2024 è cresciuto dello 0,3% rispetto ai tre mesi precedenti e dello 0,6% su base annua. Entrambi i dati risultano sopra le attese. Nella mattinata di oggi, la Francia aveva pubblicato il proprio dato sul Pil, in crescita dello 0,2% trimestrale e dell’1,1% annuale. La crescita dell’economia italiana è avvenuta in tutti i comparti, mentre dal lato della domanda si è registrata una variazione negativa per quanto riguarda la componente nazionale al lordo delle scorte e positiva per le esportazioni.
A seguito di questo andamento, il Pil italiano acquisito per l’anno in corso è stato stimato dello 0,5%. Questo sarebbe il tasso di crescita dell’intero 2024 nel caso in cui la nostra economia non registrasse alcuna variazione congiunturale nei tre trimestri successivi. Ricordiamo che il governo Meloni ha stimato una crescita dell’1% per quest’anno, mentre per la Banca d’Italia si fermerebbe allo 0,6%.
Spread in rialzo, attesa per l’inflazione
Paradossalmente, lo spread tra BTp e Bund sta risalendo dopo la pubblicazione del dato sul Pil italiano. Lo si può spiegare con il nervosismo che serpeggia tra gli investitori in vista della stima preliminare dell’inflazione nell’Area Euro, la cui pubblicazione è attesa per le ore 11.00. In effetti, tutte le prime quattro economie dell’unione monetaria (Germania, Francia, Italia e Spagna) hanno battuto le previsioni. E se la migliore performance si accompagnasse anche a un calo dell’inflazione più lento o persino a una sua risalita, il rischio è che la Banca Centrale Europea possa rivedere i suoi piani sul taglio dei tassi di interesse.
Tornando al Pil italiano, abbiamo anticipato che la sua crescita nel primo trimestre risulta trainata dalle esportazioni, mentre il contributo della domanda aggregata interna (consumi, investimenti e spesa pubblica) è stato negativo.
Pil italiano non più trainato dalla domanda interna
Come interpretare questo trend? In assenza di un rilancio dei redditi, i consumi delle famiglie non potranno fornire alcun apporto positivo al Pil italiano. E ciò può passare solamente da riforme strutturali, non da sostegni temporanei e ad oggi arrivati esclusivamente in deficit. Pensate che nei venti anni al 2022, i redditi dichiarati in media sono cresciuti di neppure il 5% in termini reali, vale a dire al netto dell’inflazione. Lo stesso dicasi degli investimenti delle imprese, che possono ritrovare vigore grazie all’implementazione del Pnrr. Per forza di cosa, invece, la spesa pubblica arretrerà sempre più dopo l’impennata dal 2020. Il rischio di tornare alla lunga era di crescita dello zero virgola è concreto.