La crisi economica in Egitto può cogliersi in un solo dato: nel 2010, anno di inizio della Primavera Araba, arrivavano nel paese più di 21 milioni di turisti. Nell’anno da poco trascorso, di turisti se ne sono visti appena 6,3 milioni e per entrate derivanti dalla vendita di biglietti nei siti archeologici crollate di oltre l’80%, passando da 220 a 38 milioni. I ricavi sono diventati così bassi, che il settore stenta a mantenere i 40.000 occupati, tra tecnici, archeologici e altri collaboratori. I musei restano aperti fino a tardi, mentre il Ministero delle Antichità starebbe ipotizzando l’apertura al pubblico di siti, ad oggi rimasti chiusi.
Ovviamente, non è venuta meno la passione nel mondo per le bellezze storiche e architettoniche dell’Egitto, ma da tempo il paese nordafricano non è percepito come sicuro, tra tensioni interne e attentati terroristici di matrice islamista. (Leggi anche: Crisi Egitto in stile Venezuela)
Svalutazione della lira egiziana fino al 55%
Eppure, nelle ultime settimane è diventato più conveniente che mai sul piano economico prenotare una vacanza in Egitto, dopo che agli inizi di novembre la banca centrale de Il Cairo ha abbandonato il peg tra la lira locale e il dollaro, di fatto dando vita a una svalutazione, che è arrivata fino al 55% e che ancora oggi si aggira al di sopra del 51%. Il cambio con il biglietto verde è passato in due mesi, infatti, da 8,8 a oltre 18, dopo avere oltrepassato persino la soglia di 19.
In altre parole, a parità di prezzi offerti, costerà la metà per uno straniero recarsi in Egitto. Ma qual è l’impatto di questa prima fase della svalutazione sulle vite dei residenti? L’inflazione ha subito un’impennata drastica, salendo dal 13,6% al 19,4%, sostanzialmente accelerando del 50% tendenziale in appena un mese. (Leggi anche: Lira egiziana a -48%, cattive notizie dall’Arabia Saudita)