La Naspi è il principale strumento assistenziale erogato a chi perde involontariamente il proprio lavoro. Si tratta dell’indennità per disoccupati INPS destinata a soggetti che hanno perso involontariamente il lavoro, ad eccezione dei lavoratori agricoli, dei collaboratori e dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni.
Infatti, escludendo questi ultimi – per i quali non esiste una disoccupazione indennizzata – e i beneficiari della disoccupazione agricola o della DIS.COLL, la Naspi rappresenta per tutti gli altri lavoratori uno strumento di integrazione al reddito durante i periodi di inattività. La Naspi viene utilizzata in particolare dai lavoratori stagionali, dagli edili e da chi svolge lavori per natura intermittenti.
Quest’anno, la misura è interessata da diverse novità: alcune piuttosto stringenti, altre invece abbastanza positive. Oggi analizziamo, inoltre, cos’è il contributo addizionale e tutte le altre novità della Naspi.
Più soldi per la Naspi: ecco il contributo addizionale e le altre novità
Una delle novità per la Naspi nel 2025 riguarda la stretta che l’INPS ha messo in atto per contrastare alcune pratiche messe in atto da alcuni “furbetti” dell’indennità di disoccupazione. Tale giro di vite nasce, innanzitutto, da comportamenti messi in atto dagli interessati per superare gli ostacoli alla percezione della Naspi previsti dalla normativa vigente.
Ad esempio, vi sono casi in cui il lavoratore si dimette e, subito dopo, trova una nuova assunzione di comodo. Questa pratica, spesso concordata tra datore di lavoro e lavoratore, è stata adottata perché i datori di lavoro preferiscono le dimissioni – che non danno diritto alla Naspi – evitando così di pagare il ticket licenziamento.
La novità introdotta prevede ora che, per liberarsi dal “vicolo” delle precedenti dimissioni, sia necessario avere almeno tre mesi di nuova assunzione (in pratica 13 settimane, corrispondenti alla durata minima del nuovo rapporto di lavoro).
Le troppe assenze ingiustificate diventano dimissioni volontarie
Un’altra misura importante riguarda i lavoratori che, per evitare di dare le dimissioni e perdere il diritto alla Naspi, mettono pressione sui datori di lavoro affinché li licenzino. Ad esempio, alcuni si assentano ripetutamente senza fornire giustificazioni. Oggi, se il licenziamento deriva da troppe assenze ingiustificate, esso viene considerato come una dimissione volontaria, precludendo così il diritto alla Naspi.
Novità Naspi e contributo addizionale: cos’è?
Uno dei principali difetti della Naspi, sin dalla sua introduzione con il vecchio Jobs Act di Matteo Renzi, riguarda la durata dell’indennità. Infatti, la Naspi dura esattamente la metà delle settimane lavorate nei quattro anni precedenti la perdita dell’ultimo impiego. A meno che i periodi di lavoro non abbiano dato diritto ad altre indennità per disoccupati.
Questo aspetto penalizza in particolare quei lavoratori che, per la natura del loro impiego, fanno ricorso alla Naspi ogni anno, trovandosi così coperti per pochi mesi.
Il caso dei lavoratori stagionali è lampante: molti lavorano in estate per quattro o cinque mesi e poi richiedono la Naspi. Altri lavorano anche qualche mese in inverno. Tuttavia, il periodo coperto dalla Naspi non riesce a garantire l’intera durata del periodo di inattività.
Ad esempio, un lavoratore assunto dal 1 maggio al 30 settembre per la stagione estiva può, presentando la domanda 8 giorni dopo la scadenza del contratto, ottenere la Naspi per poco più di due mesi. Se, poi, è assunto il primo dicembre per la stagione invernale fino al 31 gennaio, avrà diritto a un ulteriore mese di Naspi.
In totale, dunque, dopo 7 mesi di lavoro il lavoratore beneficia di circa 3 mesi e mezzo di Naspi.
Come funziona il contributo addizionale
In questo contesto si inserisce il contributo addizionale. Con il messaggio numero 269 del 23 gennaio 2025, l’INPS ha fornito chiarimenti riguardo a questo contributo, destinato agli addetti alle attività stagionali.
Nello specifico, il contributo addizionale Naspi è rivolto ai lavoratori impiegati per “intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno”. O per semplici “esigenze tecnico-produttive”, come precisato dall’INPS sul proprio portale.
Il contributo addizionale è a carico del datore di lavoro e corrisponde all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Con l’aggiunta di uno 0,5% per ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato.