La nomina di Fabio Panetta a governatore della Banca d’Italia era nell’aria da mesi, da quando l’attuale consigliere esecutivo alla Banca Centrale Europea (BCE) aveva rifiutato l’offerta dell’allora premier “in pectore” Giorgia Meloni di diventare suo ministro dell’Economia. Sta di fatto che la sorpresa c’è stata lo stesso sui tempi. Il banchiere romano, 64 anni in agosto, prenderà il posto di Ignazio Visco a partire dall’1 novembre prossimo. Questi è al termine del suo secondo mandato e un terzo gli è impedito per legge.
Se qualcuno aveva immaginato un ammorbidimento dei toni della premier sul Meccanismo europeo di stabilità (MES), si è sbagliato. In Parlamento, prima del Consiglio europeo, questo mercoledì Meloni ha ribadito chiaro e tondo che di discutere sulla ratifica del Fondo salva-stati non c’è bisogno in questo momento. Anzi, non s’ha da fare per un ragionamento squisitamente negoziale. Firmeremo – questa è la sostanza del suo discorso – solo quando avremo letto le condizioni del nuovo Patto di stabilità e del Pnrr. Farlo oggi sarebbe a scatola chiusa.
L’Unione Europea ha respinto al mittente questa posizione negoziale. Formalmente, Bruxelles non mischia mai due o più argomenti nelle trattative. Ma è lapalissiano che serva una visione d’insieme delle cose. L’Italia sta facendo capire ai suoi interlocutori che dirà sì al MES se otterrà qualcosa da “vendere” ai suoi cittadini, ovvero condizioni più flessibili con la riforma del Patto e un Pnrr più efficace. E al resto d’Europa il MES serve, perché vuole dotarsi di uno strumento di tutela delle banche per i casi di crisi.
Panetta strumento negoziale su dossier europei
Sì, ma torniamo a Panetta. Cosa c’entra la sua nomina con largo anticipo con i dossier europei della premier Meloni? Consideratelo un “beau geste”. Panetta è apprezzato alla BCE, tanto da farne già parte. Vi rimarrà, pur con un ruolo differente. Al suo posto andrà trovato un sostituto, che per una regola non scritta resterebbe italiano. Il governatore Christine Lagarde vorrebbe una donna. Ad ogni modo, Roma intende mandarci una persona “fidata”. Il futuro governatore di Bankitalia ha capacità negoziali, specie con l’establishment francese. L’asse Roma-Parigi è importante per sbloccare i dossier europei di cui sopra.
Come Meloni, anche Emmanuel Macron vuole un Patto flessibile. La Francia ha un debito pubblico sopra il 110% del PIL e scarsa capacità di riformarsi, come dimostrano le proteste rumorose e violente contro l’innalzamento dell’età pensionabile. Non può adottare il modello tedesco dell’austerità fiscale e per strappare condizioni più favorevoli per i conti pubblici dovrà fare asse con l’Italia. La nomina di Panetta sarebbe un gesto distensivo nei confronti dell’alleato, un modo per dire che l’Italia in Europa ci manda uomini apprezzati e non certo ostili alle istituzioni comunitarie.
Non è detto che basti per giungere all’obiettivo. Indubbio è, però, che dopo numerosi anni di inginocchiamento aprioristico alle richieste della UE, per la prima volta l’Italia elabora una propria strategia negoziale e non si subordina ai desiderata dei commissari senza avere avuto qualcosa in cambio. E’ questa la principale fonte di scontro con il Partito Democratico di Elly Schlein. Anche per la nuova segretaria dem è lesa maestà non ratificare tutto quanto voluto da Bruxelles. Dimentica che così fan tutti, che la Germania fino a pochi mesi fa aveva fatto lo stesso e che altri paesi come Francia e Olanda in passato sono arrivati a bocciare la “Costituzione” europea.