1) L’ordinanza della Corte di Cassazione 10333/2018 *
2) Gli obblighi informativi per i clienti sottoscrittori di una polizza assicurativa vita tramite società fiduciaria che realizzi un investimento finanziario.
3) La natura di investimento finanziario rispetto alla qualifica contrattuale di polizza assicurativa vita
4) Conclusioni
1) L’ordinanza della Corte di Cassazione 10333/2018
Con l’ordinanza 10333 la Sez. 3° della Corte di Cassazione interviene per fissare alcuni importanti principi interpretativi relativamente alla già nota questione degli investimenti in prodotti finanziari tramite la sottoscrizione di una polizza assicurativa vita effettuata da una società fiduciaria in nome e per conto dei “reali” disponenti, cioè le persone fisiche che avevano dato precedente mandato alla società stessa.
In buona sostanza è il caso di chi, avvalendosi di una società fiduciaria, che si interpone, attribuisce a quest’ultima mandato di sottoscrivere una polizza assicurativa vita per effettuare investimenti utilizzando i capitali dei clienti della società fiduciaria.
Gli argomenti che la Cassazione affronta sono pertanto principalmente riconducibili a due diversi ambiti. Però strettamente collegati tra loro. Che meritano di essere quindi trattati separatamente per poi arrivare alla corretta definizione dello schema di ragionamento seguito dei Giudici.
Il primo riguarda l’applicazione o meno del Testo Unico Finanziario e dei relativi Regolamenti Consob per la salvaguardia dei diritti degli investitori.
Dal momento che si tratta di stabilire se tale operazione di investimento (pur se denominata polizza assicurativa vita) si “ferma” davanti alla società fiduciaria in quanto interponente secondo i crismi della storica Legge 1966/1939 che ne disciplina l’operato oppure, sia possibile penetrare il velo della società in questione e, guardare quindi oltre. Cioè ai veri sottoscrittori che sono anche coloro i quali si assumono poi il rischio, inteso come le conseguenze, dell’investimento.
2) Gli obblighi informativi per i clienti sottoscrittori di una polizza assicurativa vita tramite società fiduciaria che realizzi un investimento finanziario.
Su questo punto la Cassazione si esprime in modo chiaro e perentorio, affermando che: “una volta che si assuma quale investitore non la società fiduciaria ma la persona fisica del fiduciante, l’adempimento degli obblighi dell’intermediario finanziario devono essere valutati nei confronti di quest’ultimo e non nei confronti della società fiduciaria”.
La prima conseguenza è che l’adempimento delle regole dell’intermediario finanziario non dovrà essere quello riservato all’operatore qualificato (in questo caso la società fiduciaria). Si dovrà invece fare riferimento alla persona fisica dell’investitore. Il che significa aprirsi a tutta una serie di cautele e di tutele che sono proprie della salvaguardia dell’investitore inteso come Cliente il quale non possiede, di norma, tutte quelle competenze che si danno invece per ragionevolmente certe in capo ad un operatore qualificato.
Per effetto troveranno applicazione al caso in esame anche (inteso come non soltanto) i contenuti del Testo Unico Finanziario e dei Regolamenti Consob.
La Suprema Corte di Cassazione osserva, a tal proposito, che, tenuto conto delle note Comunicazioni DI/98086703/nov.1998 e DIN/6022348/mar.2006 relative alla possibilità per le società fiduciarie di rendersi intestatarie di contratti di investimento, negoziazione e raccolta ordini per conto dei fiducianti deve restare sempre e comunque preservata la diretta riferibilità dell’operazione di investimento al cliente fiduciante e ciò tanto per quanto riguarda la volontà contrattuale quanto le connesse tutele.
Conseguentemente è irrilevante che la società fiduciaria rientri nella categoria degli operatori qualificati dovendosi all’opposto avere riguardo, per la disciplina applicabile, alla persona dell’investitore.
Pertanto, avuto riguardo alla volontà contrattuale, anche tenendo in considerazione il distinguo che emerge tra cliente al dettaglio e operatore qualificato, su cui già la Suprema Corte si era adeguatamente pronunciata con la sentenza 3962/2018, il mancato assolvimento degli obblighi informativi e di comportamento circa un operazione finanziaria non adeguata devono essere riferiti alla persona fisica dietro alla società fiduciaria.
Questo comporta che solo un cliente adeguatamente e debitamente informato può prendere atto del grado di rischiosità dell’operazione d’investimento finanche a doverla specificatamente approvare per iscritto a seguito di un chiaro avvertimento da parte dell’intermediario qualora la stessa preveda il totale impiego del capitale versato concentrando il rischio su un unico prodotto finanziario.
Un informazione che dovrà inevitabilmente fare propri i noti e ampiamente argomentati contenuti relativi alla profilatura del cliente non essendo possibile bypassare la stessa semplicemente richiamandosi a questionari compilati e sottoscritti in precedenza dove mancano informazioni basilari per ricostruire la reale esperienza e propensione al rischio del Cliente investitore.
La rilevanza di questo assunto è determinante perchè praticamente apre ad un intero filone di responsabilità per violazione degli obblighi informativi da parte dell’intermediario.
La Corte affronta poi anche il tema della natura del contratto.
Infatti trattandosi di assicurazione sulla vita lo stesso al pari della natura della società fiduciaria potrebbe rappresentare uno scoglio invalicabile per evitare la qualifica di investimento, finendo per proteggere l’intermediario dietro lo schermo del fatto che in realtà il contratto altro non sarebbe che una polizza vita.
3) La prevalenza della natura di investimento finanziario rispetto alla qualifica contrattuale di polizza assicurativa vita
Si tratta quindi di arrivare a capire se, al di là del nomen juris attribuitogli, il contratto sia da identificare come polizza assicurativa sulla vita (il cui rischio è a carico dell’assicuratore) oppure si concreti nell’investimento in uno strumento finanziario il cui rischio di performance è, come abbiamo sopra già visto per intero addossato all’assicurato.
Relativamente alla natura del contratto la Corte conferma l’orientamento già espresso con la pronuncia 6061/2012 in quanto “mancando la garanzia della conservazione del capitale alla scadenza e dunque la natura assicurativa del prodotto, il prodotto oggetto dell’intermediazione deve essere considerato un vero e proprio investimento finanziario da parte di coloro che figurano come assicurati”.
Pertanto mancando la garanzia della conservazione del capitale alla scadenza (quale sarebbe il significato di una polizza) e dunque la natura assicurativa del prodotto, ci troviamo in presenza di un vero e proprio investimento finanziario.
4) Conclusioni
Tale ragionamento, altamente condivisibile peraltro si basa sulla constatazione che a ben guarda non viene concluso fra le parti un contratto nei termini in cui poi viene eseguito e ancor meno secondo lo schema della proposta sottoscritta dai Clienti.
Ne deriva quindi un utilizzo distorto dei termini contrattuali richiamati (polizza anziché investimento) e una conseguente asimmetria informativa relativa al fatto che lo stesso investimento nemmeno viene sottoposto ai rigorosi modelli di informazione previsti per salvaguardare dal rischio il Cliente investitore.
In pratica pur avendola chiamata polizza assicurativa vita in realtà altro non è se non un investimento in un prodotto finanziario.
Il quale, soggiace alle regole relative agli investimenti finanziari non essendo possibile sfruttare il diverso nome attribuito al contratto per evitare di ricadere nella disciplina di salvaguardia per i diritti dei Clienti come pure non è altresì possibile nascondersi dietro lo schermo della società fiduciaria per ridurre, evitare, contenere, o in ogni altro modo alterare le tutele inerenti al regime di informazioni che sono la base irrinunciabile per gli investimenti.
Marco Solferini, legale, consulente Aduc
COMUNICATO STAMPA DELL’ADUC
Associazione per i diritti degli utenti e consumatori