Questo mercoledì, mentre il commissario Alessandro Santoliquido incontrava le associazioni dei consumatori del Cncu (Consiglio nazionale dei consumatori utenti), al Ministero di economia e finanze si riunivano gli esponenti di banche e assicurazioni in trattative da mesi sul caso esplosivo di Eurovita. L’accordo manca ancora e traspare l’intenzione dell’IVASS di concedere ancora più tempo alle parti per ratificarne uno. La “deadline” resta fissata per il momento al 30 giugno. Fino ad allora c’è il blocco dei riscatti per le polizze Eurovita.
Timori per corsa ai riscatti
C’è grande apprensione tra 353.000 clienti assicurati. Hanno investito nella compagnia commissariata 15,3 miliardi di euro, di cui 9 afferiscono al Ramo I, cioè principalmente alla gestione separata. Si tratta di investimenti a capitale garantito. C’è il timore che, una volta rimosso il “congelamento”, i clienti accorrano a riscattare le polizze Eurovita. Ciò avverrebbe o per investire i proventi in asset più remunerativi o per paura di subire perdite dopo già quattro mesi di riscatti bloccati.
Se questo scenario si verificasse, Eurovita dovrebbe disinvestire gli asset sottostanti. Solo che oggi posseggono valori di mercato molto più bassi di quelli che avevano quando avvennero gli investimenti. Nel frattempo, infatti, i tassi d’interesse sono saliti e i prezzi delle obbligazioni, così come delle azioni, sono scesi. La compagnia accuserebbe forti perdite. Ed ecco che la soluzione che si sta escogitando in queste settimane sarebbe la seguente: le polizze Eurovita sarebbero divise in parti uguali tra le cinque grandi realtà assicurative presenti sul mercato italiano: Allianz, Generali, Intesa Sanpaolo Vita, Poste Vita e Unipol.
Nell’accordo, però, un ruolo cruciale sarebbe assunto dalle banche distributrici delle polizze Eurovita. Sono una quindicina, tra cui Intesa Sanpaolo, Fineco, Fideuram, Credem e Sparkasse. Quale sarebbe il loro compito? Anticipare la liquidità alle assicurazioni nel caso di riscatto anticipato da parte dei clienti. In questo modo, le compagnie non sborserebbero materialmente subito denaro e non disinvestirebbero alcunché. In cambio, cederebbero alle banche finanziatrici gli asset sottostanti alle polizze Eurovita riscattate. La speranza sarebbe che i loro prezzi risalgano nel tempo e che, quindi, le perdite possano essere del tutto azzerate o contenute.
Polizze Eurovita, accordo obbligato a salvaguardia del mercato
Fin qui, lo schema sarebbe consolidato. Il problema è che le piccole banche non ritengono di avere la possibilità di finanziare i riscatti. E questo è già un primo problema, tant’è che Intesa Sanpaolo e Unicredit si sono offerte di sostenerle. Ma hanno chiesto al Tesoro una garanzia pubblica per non subire alcun impatto negativo a bilancio. Il governo si è detto contrario. Un altro fronte di scontro riguarda il costo di tali anticipi. Le banche vorrebbero un tasso d’interesse del 2,50%, oltre ai rendimenti degli asset sottostanti alle polizze Eurovita riscattate e loro consegnati. Per le assicurazioni si tratterebbe di un costo eccessivo.
E’ del tutto naturale che ciascuna delle due parti cerchi di minimizzare il costo a proprio carico, trasferendolo all’altra. Una soluzione concreta si prospetterà solo a fine mese, a ridosso della scadenza. Conviene a tutti, comunque, che si arrivi ad un accordo. Le famiglie italiane hanno investiti oltre 1.000 miliardi di euro nelle assicurazioni. A rischio vi sarebbe la reputazione di un intero mercato. Se il capitale delle polizze Eurovita sotto la gestione separata non fosse più garantito, si scatenerebbe forse una corsa ai riscatti anche per le altre compagnie.