L’Italia è un Pese in lenta decadenza. La bassa e perdurante crescita economica è anche conseguenza del decremento demografico, di una popolazione che invecchia e per la quale non c’è ricambio generazionale. Anche l’apporto dell’immigrazione non pare sufficiente a limitare il declino.
I dati appena divulgati dall’Istat sul calo demografico del 2019 sono impietosi e non lasciano dubbi sui cambiamenti in atto. Al 1 gennaio 2020 i residenti in Italia ammontano a 60 milioni 317 mila, 116 mila in meno su base annua. In aumento anche il divario tra nascite e decessi: per 100 persone decedute arrivano soltanto 67 bambini, dato sconcertante se si pensa che nel 2010 erano 96.
Chi pagherà per le pensioni future?
Questi dati non possono far riflettere anche sulla tenuta dei conti previdenziali di uno Stato che spende per il welfare un quinto del Pil. La domanda che ci si pone, quindi, è: chi pagherà per le pensioni future se non ci sarà ricambio generazionale? Il sistema è destinato a collassare se ci sarà sempre meno forza lavoro e sempre più anziani da mantenere e sostenere nel tempo. Sempre stando ai dati Istat, la speranza di vita alla nascita per le donne è di 85,3 anni, mentre è di 81 anni per gli uomini. Per gli uni come per le altre l’incremento sul 2018 è pari a 0,1 decimi di anno, corrispondente a un mese di vita in più.
Pensioni: Tridico; confronto costruttivo
Cosa fare? La riforma pensioni in discussione al Ministero del Lavoro non potrà non tenere conto del calo demografico e dell’invecchiamento della popolazione, tema che non era mai stato affrontato nella storia repubblicana. Sul punto è bene che si lavori senza affrettare le cose e che si tenga in considerazione anche le esigenze dei giovani lavoratori, cioè di coloro che in futuro avranno pensioni calcolate solo con sistema contributivo (a regime dal 2036).