L’incertezza vi paralizza e non sapete più su cosa e quando investire sui mercati finanziari? Sappiate che non siete soli in questa fase. I dazi hanno sconvolto lo scenario di lungo periodo nel quale eravamo abituati ad operare, non solo in qualità di investitori, ma anche di consumatori, imprese e lavoratori. Per proteggerci dai rischi è bene avere un piano b, che passa per la costruzione di un portafoglio anti-crisi. Avete presente la borsetta della commissaria europea in caso di guerra? Si tratta di avere alla portata qualcosa di simile, ma in ambito finanziario.
Portafoglio anti-crisi, dollaro fuori
La volatilità è elevata in queste settimane, data la frequenza degli annunci che stanno arrivando da Washington e che mettono a dura prova i nervi di chiunque.
La propensione al rischio è andata scemando. Oggi, risale per il parziale allentamento della stretta sui commerci da parte dell’amministrazione Trump. Le borse rifiatano, alcuni titoli volano e sembra che il peggio sia alle spalle. Ma non è affatto così, perché questa fase è destinata a durare ancora mesi o anche di più.
Cosa inserire in questo nostro portafoglio anti-crisi ideale? Permetteteci di iniziare con quello che non dovremmo inserire: asset in dollari. Indipendentemente dal caos dazi, da tempo abbiamo una situazione per cui la borsa americana si rivela iper-comprata (qualcuno parla apertamente di “bolla”) e il dollaro è troppo forte. Pur essendosi indebolito in media del 10% dai massimi di gennaio, resta apprezzato. Per questa ragione dovremmo attenderci che le azioni a Wall Street continuino a deprezzarsi nei prossimi mesi, così come i rendimenti americani a salire o a rimanere, comunque, alti.
Bene Bund, BTp in spolvero
I Treasuries sono parte integrante di un portafoglio anti-crisi che si deve, ma non in questo caso. I fondi d’investimento stanno smobilizzando i capitali dal mercato sovrano USA per spostarli in Europa. Ed ecco la ragione per la quale dovremmo guardare con favore ai titoli di stato europei, specialmente ai Bund. Dopo un marzo straordinariamente negativo, questi hanno riacquisito la loro natura di “safe asset”. Gli spread nell’Eurozona ne hanno risentito, ma del resto è quello che capita in una situazione di “fly to quality”.
Attenzione a non esagerare con la percentuale di Bund da inserire nel portafoglio anti-crisi. La maggiore offerta dovuta al riarmo tedesco e agli investimenti infrastrutturali in deficit ne limiteranno i guadagni nei prossimi anni. Dopo la promozione di Fitch, i BTp riacquistano smalto. Offrono rendimenti fin troppo allettanti lungo la curva per essere ignorati. Il suggerimento sarebbe di concentrarsi sulle scadenze medio-brevi (3-7 anni) per minimizzare i rischi. Quelle lunghe offrirebbero potenzialmente soddisfazioni maggiori, ma presuppongono un atteggiamento speculativo che non si addice all’obiettivo di cui stiamo discutendo.
Oro da record
Invece, sembra che per il momento non vi siano limiti all’oro. Il bene rifugio per eccellenza ha segnato un ennesimo record nelle scorse ore, salendo sopra 3.230 dollari l’oncia. Il rapporto oro-argento ha superato la soglia di 100 nelle ultime sedute, cosa che non accadeva dal marzo 2020 e che segnala esplicitamente venti di crisi.
Per Goldman Sachs le quotazioni arriveranno a 3.700 dollari a fine anno, ma in condizioni avverse potrebbero sfondare la soglia dei 4.000 dollari.
Attenzione a immaginare che si tratti per noi di guadagno puro. Poiché parliamo di prezzi in dollari, se il cambio americano continuasse a muoversi al ribasso contro la moneta unica, almeno parte dell’apprezzamento dell’oro verrebbe eroso in euro. Tuttavia, appare arduo immaginare che questi guadagni un ulteriore 10% da qui a fine 2025, quando già ha messo a segno un rialzo di tale portata da gennaio. Per quanto i capitali stiano affluendo in Europa, non dimentichiamo che la nostra economia rimane poco dinamica e con una Germania ancora completamente ferma.
Svizzera meta sicura
Un portafoglio anti-crisi degno di questo nome non può evitarci di investire in Svizzera. Il franco svizzero è tornato nei pressi dei massimi storici contro l’euro. La valuta elvetica offre sempre soddisfazioni nelle fasi avverse per l’economia continentale o mondiale. Lo stato alpino è un porto sicuro per i capitali. Lo stesso dicasi per lo yen, che contro il dollaro è risalito ai massimi da 7 mesi, guadagnando oltre il 10% da gennaio. Tuttavia, contro l’euro rimane sostanzialmente stabile, essendo anch’esso apprezzato in egual misura negli ultimi mesi.
Nel portafoglio anti-crisi anche azioni
Infine, il comparto azionario. E’ vero che in un portafoglio anti-crisi debbano esserci più bond che azioni, ma non dobbiamo commettere l’errore di pensare che i titoli in borsa vadano inevitabilmente tutti male con la recessione e/o le tensioni internazionali. Ad esempio, le azioni legate al comparto difesa dovrebbero mostrare una buona performance nei prossimi mesi. I governi europei cercheranno di barattare con l’amministrazione Trump il calo dei dazi in cambio di maggiore investimenti in campo militare. Per quanto il mercato abbia già scontato tale scenario con il riarmo, c’è da dire che il caos dazi ha fatto scendere i titoli a livelli ben inferiori a quelli che avevano raggiunto a marzo. Leonardo resta dell’11% sotto i massimi, ad esempio.
Al contrario, bisognerebbe tenersi alla larga dalle società quotate in borsa con un fatturato largamente dipendente dalle esportazioni. A maggior ragione se esso è maturato sul mercato americano. Le negoziazioni sui dazi non si chiuderanno entro poche settimane e questi titoli rischiano di soffrire ancora parecchio prima di tornare a salire. Se portafoglio anti-crisi deve essere, non può contenere asset rischiosi per il breve termine.
giuseppe.timpone@investireoggi.it