I rendimenti dei BTp tornano a salire e i prezzi a scendere. Gli ultimi due mesi non sono stati positivi per i titoli di stato in generale, ancor meno per quelli italiani, costantemente nell’occhio del ciclone per i fondamentali macro deboli dell’Italia e le tensioni politiche interne. Superati anche, a tratti, dai bond della Grecia, ci segnalano come sia urgente prepararsi a reagire a una contrazione non passeggera del comparto obbligazionario dopo i mesi della grande abbuffata, costruendosi un portafoglio d’investimenti resiliente.
Portafoglio obbligazionario in calo? Ecco tre mosse per bilanciarlo
Se i BTp continueranno a deprezzarsi, tre saranno i possibili fattori-chiave all’origine del trend: peggioramento dell’economia italiana, instabilità politica e accelerazione dell’inflazione. Scartando dall’analisi la seconda ipotesi, in quanto slegata dai ragionamenti prettamente economici, un portafoglio d’investimenti che reagisca alla caduta dei BTp dovrebbe contemplare titoli che tutelino contro l’aumento dei prezzi da un lato e che non siano pro-ciclici dall’altro.
Per prima cosa, se si teme che i BTp regrediscano ulteriormente di prezzo, stare alla larga anche dai titoli bancari. Non solo perché le banche risentono anch’esse negativamente di un’eventuale contrazione dell’economia italiana, ma anche perché di titoli di stato tricolori ne posseggono per circa 400 miliardi di euro, qualcosa come più del 10% dei loro assets. Non a caso, quando i rendimenti salgono, le azioni bancarie italiane scendono.
Azioni da inserire in portafoglio e altre da togliere
Un altro comparto non porterebbe fortuna agli investitori: le utilities. Trattasi di quelle società fornitrici di servizi perlopiù su mercati regolamentati come le compagnie telefoniche, telefoniche, etc., le quali risultano generalmente più indebitate della media e per questo tendono a soffrire particolarmente in borsa quando i tassi di mercato salgono. Per contro, dovremmo adocchiare le azioni delle società assicurative, che in un ambiente di rialzo dei rendimenti si troverebbero più a loro agio, potendo offrire valore ai clienti.
Infine, gli energetici. Se sarà inflazione, molto probabilmente arriverà via petrolio. Solo un rialzo stabile e consistente delle quotazioni del greggio avrebbe modo di impattare sull’inflazione, spingendo in alto anche i tassi d’interesse e i rendimenti obbligazionari. E farebbe certamente bene ai titoli del comparto energetico, siano essi azioni o bond. Inserirli in portafoglio bilancerebbe le perdite che si accuserebbero per via di un ripiegamento dei prezzi dei titoli di stato. Ovviamente, tutto si tiene alla lunga insieme: senza un miglioramento dell’outlook globale, difficilissimo immaginare ai giorni d’oggi un surriscaldamento del greggio, se non per cause contingenti e legate con ogni probabilità a tensioni geopolitiche.
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