Nell’aumentare il prezzo obiettivo da 12 a 13,5 euro per le azioni, Bank of America ha espresso la convinzione che abbia senso confrontare il “dividend yield” di Poste Italiane atteso per il 2022 al 5,6% con il rendimento del BTp a 30 anni all’1,7%. Ciò scaturisce da un ragionamento abbastanza semplice, in base al quale il titolo azionario della società si mostra fortemente correlato con il rischio sovrano. In effetti, Poste Italiane è una società controllata dal Tesoro, per cui risulta essere di proprietà pubblica, per quanto parzialmente privatizzata e quotata in borsa negli anni recenti.
A dicembre, emetteva un bond in due tranche per l’importo complessivo di 1 miliardo di euro, a fronte del quale arrivavano richieste per 5 miliardi. Si trattava delle scadenze 10 dicembre 2024 senza cedola (ISIN: XS2270395408) e 10 dicembre 2028 con cedola 0,5% (ISIN: XS2270397016). A distanza di tre oltre tre mesi e mezzo, abbiamo trovato che le quotazioni dei due titoli alla Borsa di Lussemburgo fossero ieri rispettivamente a 100,035 e 100,684, in entrambi i casi poco sopra la pari.
Poste Italiane emette bond a 4 e 8 anni: più generosi dei BTp, meno di certi Buoni fruttiferi
Il confronto con i BTp
In termini di rendimento, la scadenza residua a 3 anni e 9 mesi offre il -0,009% e quella a 7 anni e 9 mesi lo 0,41%. Parliamo di livelli abbastanza avidi e che, tuttavia, se confrontati con i BTp si rivelano più generosi. Di quanto? Il bond del Tesoro con scadenza nel dicembre 2024 offriva ieri il -0,16% e quello con scadenza nel dicembre 2028 lo 0,33%. Attenzione, però, perché i titoli di stato e i Buoni fruttiferi postali scontano una tassazione di favore del 12,5%. I bond di Poste Italiane, invece, sono sottoposti alla tassazione ordinaria del 26%.
Pertanto, i rendimenti netti dei BTp risultano l’uno del -0,14% e l’altro dello 0,29%. Quelli di Poste Italiane sono del -0,008% e dello 0,36%. Le distanze si accorciano di poco dopo avere scomputato l’effetto delle diverse aliquote, ma resta il fatto che i bond della società siano sempre più generosi dei titoli di stato.
Certo, questo non significa che si possa fare festa. La scadenza del 2024 infliggerebbe, comunque, una lievissima perdita, mentre quella del 2028 non riuscirebbe teoricamente a coprire la perdita del potere di acquisto. E allora, in un portafoglio retail i bond di Poste avrebbero un senso solo nel caso in cui si fosse a caccia di assets sicuri e si volesse percepire qualcosa di più redditizio dei BTp. Nessun dubbio, infatti, che il grado di rischio che ci si assumerebbe sarebbe sostanzialmente identico. Lo stato non lascerebbe mai fallire una sua controllata, specie così fortemente associata alla propria immagine, in quanto subirebbe contraccolpi finanziari immediati gravissimi sui mercati.
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