Una sentenza storica pronunciata dal Tribunale di Palermo ha coinvolto Poste Italiane e alcuni dei suoi lavoratori. Grazie alla pronuncia del Giudice, la dott.ssa Santina Bruno, cinque precari della filiale del centro di recapito di Palermo-Sperone saranno assunti con contratto a tempo indeterminato.
Il fatto impugnato
I fatti oggetto della sentenza riguardano il periodo che va da ottobre 2017 a maggio 2018. I cinque dipendenti, allora in servizio allo Sperone, erano stati trasferiti in un locale diverso da quello normalmente utilizzato per il centro di recapito: stesso stabile ma piani diversi, i lavoratori erano stati spostati dal primo piano (dove avrebbero avuto inizio dei lavori di ristrutturazione) al secondo.
Ebbene, è bastata questa piccola variazione per creare il presupposto che poi – a seguito delle sentenza – avrebbe costretto Poste Italiane ad assumerli.
Per la nuova “area” dove erano stati trasferiti, infatti, il Gruppo di Poste non aveva un piano per la sicurezza dei dipendenti, poiché quello attivo in quel momento riguardava i luoghi del primo piano, ma non era stato aggiornato tenendo conto del trasferimento al secondo. Ed è bastato questo dichiarare illegittimo il termine apposto al loro contratto di lavoro a tempo determinato.
La sentenza
Come si legge nella sentenza, il Tribunale ha dichiarato “l’illegittimità del termine di durata apposto ai contratti stipulati tra le parti, ordinando la trasformazione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, con condanna della Poste Italiane S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, a riammettere in servizio i ricorrenti”.
Il Gruppo, inoltre, è stato condannato al pagamento di una indennità nei confronti dei lavoratori (che tiene conto delle mensilità erogate agli stessi e dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto), oltre al pagamento delle spese generali e di giudizio.
Le ragioni di fatto e di diritto che obbligano Poste Italiane ad assumere i lavoratori di Palermo
I ricorrenti, difesi dall’avvocato Chiara Di Maria e dall’avvocato Paolo Cirasa, del Foro di Termini Imerese, hanno citato in giudizio Poste Italiane S.p.a.
In materia di rapporto di lavoro a tempo determinato, il sistema normativo italiano garantisce una protezione superiore dei lavoratori poiché “la flessibilità d’impiego riduce la familiarità con l’ambiente e gli strumenti di lavoro”. Di conseguenza, se il datore di lavoro non provvedere per tempo agli opportuni adempimenti sulla sicurezza dei luoghi, la clausola di apposizione del termine è nulla e il contratto di lavoro si considera a tempo indeterminato. E questo è quello che è successo nel caso del trasferimento (dal primo al secondo piano) che ha coinvolto il centro di recapito Palermo-Sperone.
Si legge difatti nella sentenza che: “Dalla documentazione in atti non emerge, a differenza di quanto sostenuto dalla convenuta, alcuna specifica valutazione di rischi sul secondo piano dell’edifico in cui è ubicato il Centro Prioritario di Distribuzione Palermo Recapito Sperone”. Va ricordato, a tal proposito, che in materia di rapporto di lavoro a tempo determinato grava sul datore di lavoro l’onere della prova circa l’effettuato aggiornamento del documento di valutazione dei rischi, così come, una volta avvenuta la produzione del documento in questione da parte del datore di lavoro, è onere del lavoratore allegare, in primo grado anche in replica alla produzione avversaria, gli elementi da cui desumere l’inadeguatezza.
Non essendo emersa la valutazione dei rischi, quindi, in questo caso l’opposizione di un termine al contratto di lavoro dei 5 precari di Poste Italiane è stata considerata non ammessa.