Sarà una Pasqua blindata quella di quest’anno: l’Italia si prepara ad andare incontro ad una nuova zona rossa estesa a tutte le regioni. Per evitare un eventuale – nuovo – picco dei contagi, che potrebbe essere conseguente all’aumento della mobilità tipica dei periodi di vacanza, il Governo ha deciso così di limitare gli spostamenti e chiudere le attività non essenziali nel week end che va dal 3 al 5 aprile.
Per chi lavora nel settore turismo e ristorazione, ovviamente, questa non può che essere una cattiva notizia: gli introiti su cui pensano di poter contare gli addetti ai lavori, anche quest’anno, si annulleranno, mentre lo stesso – purtroppo e in molti casi – non si potrà dire dei costi e le spese fisse.
Quanto ci costa la zona rossa a Pasqua?
Secondo una stima di Federturismo, le imprese del turismo (e quelle operanti in settori affini) con il blocco di Pasqua vanno incontro ad un crack di 5 milioni di euro: tutte perdite queste conseguenti alle chiusure delle attività non essenziali e alla limitazione degli spostamenti.
I danni maggiori, purtroppo, li subirà il settore turismo e viaggi, trascinandosi dietro tutta la catena di produzione ad esso legata (bar, ristoranti, hotel, servizi etc.).
Non a caso, secondo un’indagine condotta da Confesercenti, i settori più a rischio fallimento e che risentiranno maggiormente della stretta di Pasqua sono quelli dell’accoglienza e del terziario, come appunto alberghi, ristoranti e attività di ristoro in generale.
Italia in zona rossa a Pasqua: i posti di lavoro a rischio
Come se la situazione non fosse già di per sé sconfortante, lo studio di Federturismo, già citato sopra, ha provato a tradurre in perdite di impiego i mancati introiti conseguenti alla zona rossa di Pasqua.
Dati questi che si vanno ad aggiungere a quelli già sconfortanti dell’ultimo anno. Basta pensare, tanto per fare un esempio, che stando a quanto riporta Cirium – leader mondiale nell’analisi dei dati di viaggio nel settore dell’aviazione – più di 40 compagnie aeree hanno dichiarato bancarotta dall’inizio della pandemia, mentre si è ormai perso il conto di tutte le strutture ricettive costrette a chiudere i battenti.