Negli ultimi quattro anni, l’Italia ha vissuto una crescita significativa dell’inflazione, con un aumento dei prezzi tra il 15% e il 17%. Tuttavia, nello stesso periodo, le retribuzioni dei lavoratori dipendenti sono cresciute soltanto del 6,8%, generando una notevole perdita del potere d’acquisto. Questa discrepanza tra l’aumento dei prezzi e l’incremento salariale evidenzia le difficoltà economiche affrontate dagli italiani, nonostante i recenti incrementi nominali dei salari, che solo a fine 2023 hanno cominciato a superare l’inflazione.
Secondo un report dell’Inps, la crescita occupazionale degli ultimi anni non ha comportato un miglioramento adeguato delle retribuzioni, incapaci di compensare l’impatto dell’inflazione.
Un aumento insufficiente
L’aumento medio delle retribuzioni si è dimostrato insufficiente di fronte alla rapida inflazione scaturita dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina. I beni di consumo, in particolare i prodotti alimentari, hanno subito un aumento dei prezzi del 25%, colpendo maggiormente le famiglie a basso reddito. Il salario medio in Italia è di 14,3 euro l’ora, ma ci sono circa 2,8 milioni di lavoratori che guadagnano meno di 9,50 euro lordi all’ora, ossia circa 1.550 euro lordi mensili. Questo dato non include categorie come i lavoratori agricoli e domestici, notoriamente vulnerabili a salari bassi. Centinaia di migliaia di dipendenti guadagnano meno di 5,30 euro all’ora, con un numero che sale a 1,4 milioni se si considera una soglia di 8,50 euro. Tra coloro che percepiscono i salari più bassi vi sono cassintegrati, apprendisti e lavoratori a tempo determinato, spesso impiegati in piccole imprese o in modalità part-time.
I settori con i salari più bassi comprendono i collaboratori familiari, che guadagnano mediamente 71 euro lordi al giorno, se impiegati full-time, e solo 43 euro per chi lavora part-time. Nel settore del turismo, i lavoratori full-time ricevono circa 90 euro al giorno, mentre per quelli part-time la retribuzione scende a 45 euro.
Potere d’acquisto, il problema delle pensioni
Il futuro pensionistico in Italia appare preoccupante: i lavoratori attuali rischiano di percepire assegni pensionistici molto bassi, a causa di salari ridotti e contratti intermittenti. L’Inps sottolinea che l’età media di pensionamento in Italia è di 64,2 anni, ma con una spesa previdenziale relativamente elevata, il sistema pensionistico italiano è esposto a squilibri crescenti, soprattutto alla luce delle previsioni demografiche future. Secondo Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, il calo del potere d’acquisto è un problema che affligge l’Italia da decenni, aggravato dalla mancanza di adeguamenti salariali proporzionati all’inflazione. Dona sottolinea che, nonostante le recenti misure del governo, come il taglio del cuneo fiscale, gli aumenti salariali sono ancora troppo esigui rispetto all’aumento dei prezzi, rendendo difficile per le famiglie italiane far fronte ai costi quotidiani.
I punti chiave…
- Negli ultimi quattro anni, l’inflazione in Italia è aumentata del 15-17%, mentre i salari dei lavoratori dipendenti sono cresciuti solo del 6,8%, causando una significativa riduzione del potere d’acquisto, nonostante i recenti aumenti nominali dei salari;
- Molti lavoratori, soprattutto in settori come turismo e agricoltura, guadagnano salari bassi, con circa 2,8 milioni di persone che percepiscono meno di 9,50 euro l’ora, aggravando le difficoltà economiche delle famiglie a basso reddito;
- i bassi salari e i contratti precari attuali potrebbero portare a pensioni molto ridotte in futuro, mettendo a rischio l’equilibrio del sistema pensionistico italiano, già sotto pressione a causa dell’invecchiamento della popolazione.