I lavoratori precoci possono andare in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età. Come noto, però, occorre rispettare anche altri due requisiti. Il primo riguarda i contributi: almeno 12 mesi devono risultare versati prima del compimento dei 19 anni. Il secondo è l’appartenenza a una condizione di disagio sociale.
Tali condizioni, sono specificatamente elencate dalla normativa e sono:
- Disoccupazione a seguito di licenziamento;
- invalidità superiore o uguale al 74%;
- aver svolto attività gravose per un certo numero di anni;
- essere caregiver.
Quest’ultima condizione merita particolare attenzione prima di fare domanda di pensione essendo dipendente da una persona terza.
Precoci, quando si perde il diritto alla pensione
Ebbene il dubbio non è di poco conto, anche perché se i requisiti anagrafici e contributivi sono certi, quello di caregiver non lo è. Poiché dipende dall’esistenza in vita della persona che si sta assistendo. Se questa muore, anche l’erogazione della pensione viene meno.
Quindi un lavoratore precoce rischia di dover rientrare al lavoro se l’assistito decede? Non è proprio così. A fare chiarezza sulla questione che spesso ha trovato impreparati molti consulenti e lavoratori è l’Inps. Con il messaggio n. 1481 del 4 aprile 2018 sono spiegati i casi in cui il diritto non è revocato.
In breve, la pensione non può essere riconosciuta a chi assiste un parente invalido se, alla data di decorrenza effettiva del trattamento, l’assistito è deceduto. Il diritto alla pensione, invece, non viene meno se il decesso si verifica dopo la data di decorrenza effettiva del trattamento pensionistico.
A tal proposito ricordiamo che la pensione decorre dal primo giorno del mese successivo alla data di presentazione della domanda. Pertanto è solo in questo lasso di tempo che il diritto potrebbe venire meno.
Chi sono i caregiver, requisiti
I caregiver rientrano nella casistica dei beneficiari della pensione per lavoratori precoci. Ma esattamente quali requisiti bisogna dimostrare? Non basta assistere una persona in condizioni di disagio (solitamente un familiare), bisogna anche rientrare in determinate condizioni annesse.
L’assistenza del familiare, ad esempio, deve essere svolta gratuitamente e per un periodo continuativo da almeno 6 mesi. L’assistito, inoltre, deve essere riconosciuto come portatore di handicap grave (ai sensi della Legge 104/92 art. 3 comma 3).
L’assistenza a un parente o un affine di secondo grado convivente è ammessa qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 70 anni di età. Oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.