L’elezione di Donald Trump a presidente USA è stata uno shock per gli equilibri diplomatici americani, così come sono stati conosciuti negli ultimi decenni. L’attuale inquilino alla Casa Bianca è considerato il maggiore fautore di sempre di un avvicinamento dell’America alla Russia, cosa che sta facendo sperare il Cremlino, per quanto sia indigesta a parte della stessa amministrazione di Washington. Una delle conseguenze di questo mutamento di indirizzo in politica estera è la crisi dei rapporti con l’Arabia Saudita, che negli ultimi 40 anni e oltre è stato un partner solido degli americani.
Cosa c’è in gioco tra sauditi e americani e perché i rapporti tra i due governi potrebbero deteriorarsi? Già negli ultimi mesi dell’amministrazione Obama, il regno era preoccupato per la risoluzione approvata dal Congresso USA e sulla quale l’ex presidente pose il veto, che revocava l’immunità ai rappresentanti di Riad sulle indagini per terrorismo, in relazione agli attacchi dell’11 settembre. (Leggi anche: Arabia Saudita furiosa sull’11 settembre, minaccia ritorsioni sui Treasuries)
Divergenze tra Trump e sauditi
Più in generale, Trump rimprovera quasi esplicitamente i sauditi di sostenere sotto traccia il terrorismo jihadista dell’ISIS, creando caos nel Medio Oriente e sposando le stesse posizioni di Mosca, da anni impegnata nella difesa del regime siriano di Bashir al Assad contro i miliziani islamisti, sostenuti proprio dal regno saudita in funzione anti-iraniana.
Se i rapporti tra Washington e Riad saltassero, però, sarebbe una pessima notizia per l’una e per l’altra capitale. Nel 1971, l’allora presidente Richard Nixon decretò la fine di Bretton Woods, il sistema monetario nato nel 1944 e che regolava i tassi di cambio delle economie rientranti nell’orbita americana.