Quanto è concreto il rischio di prelievo forzoso sui conti corrente? Se dovessimo votare la parola del mese quella sarebbe probabilmente “bail-in”. Fino a poche settimane fa molti non sapevano cosa fosse e invece oggi questo termine rimbalza sul web suscitando allarmismo. Come spesso accade però non sempre le spiegazioni sono chiare e veritiere. Quello che sta accadendo in Grecia fa paura e contribuisce ad aumentare il livello di panico, non sempre giustificato. Cerchiamo quindi di capire di che cosa si tratta esattamente per poter avere gli strumenti per analizzare il rischio concreto di prelievo forzoso sui conti che interessa gli italiani.
Bail in e prelievo forzoso sul conto: i fatti
La notizia certa è che la Camera ha approvato la direttiva comunitaria europea 2014/59/UE (“Bank Recovery and Resolution Directive”) sul “bail-in”. Ma che cosa prevede esattamente e quali sono i rischi concreti aldilà degli allarmismi? In parole semplici il bail-in autorizza le banche in default ad attingere a risorse interne, ivi inclusi i conti corrente dei clienti, per esigenze di risanamento. Si contrappone quindi al bail-out che impone agli istituti di credito il ricorso agli azionisti e alle casse pubbliche. La novità sarà introdotta a partire dal 1° gennaio 2016.
Prelievo conto forzoso: chi rischia
Il primo limite al bail-in riguarda l’importo dei depositi. Quelli a rischio, ovvero potenzialmente soggetti al prelievo forzoso, sono infatti solamente quelli superiori a 100 mila euro. Molti correntisti quindi possono tirare un sospiro di sollievo? Non proprio. In Germania infatti, come si legge sul blog di Beppe Grillo, il limite suddetto è già stato abbassato arbitrariamente a 30 mila euro. E se l’Italia facesse lo stesso? Dal punto di vista della tipologia di conti a rischio restano esclusi i depositi protetti, le passività garantite e la liquidità che la banca si limita a detenere per conto del cliente, come nel caso di cassette di sicurezza.
Bail in e prelievo forzoso non sono la stessa cosa
La smentita del Ministero del Tesoro inoltre punta sulla differenza concettuale tra bail in e prelievo forzoso: il primo infatti si limita alla “non rimborsabilità” dei conti la cui giacenza supera i 100 mila euro, nel caso in cui la banca sia a rischio fallimento e non riesca a superare il default con l’aiuto degli azionisti (e degli obbligazionisti). I depositanti che giacenza superiori ai 100 mila euro quindi sono gli ultimi nella scala gerarchica a dover contribuire al rischio fallimento della banca. Dal punto di vista giuridico-economico quindi il concetto, pur inserendosi comunque nell’ottica di una extrema ratio, è diverso dal prelievo forzoso straordinario imposto ad esempio da Amato nel 1992. L’impressione dell’opposizione è che il governo stia mischiando le carte e usando termini diversi per nascondere un rischio di fatto non dissimile da quello del prelievo forzoso.