Mancano poche settimane all’insediamento di Kazuo Ueda come nuovo governatore della Banca del Giappone. Succederà dal prossimo 9 aprile a Haruhiko Kuroda dopo dieci anni. Le congiunzioni astrali sembrano favorirlo. E basta guardare cosa sia accaduto negli ultimissimi giorni al rendimento del bond a 10 anni:
Il decennale nipponico era arrivato ad offrire fino a più dello 0,50% nelle scorse settimane, superando il limite massimo tollerato dall’istituto centrale. Ieri, il rendimento era sceso sotto lo 0,25%, il vecchio limite fissato da Kuroda tra il settembre 2016 e il dicembre scorso.
Il mercato è tornato a comprare bond nipponici ad altissimi prezzi (e bassissimi rendimenti) sulla convinzione che la stretta globale sui tassi d’interesse sia sostanzialmente al capolinea. Nei mesi passati, mentre le principali banche centrali alzavano i tassi, Tokyo li teneva fermi a -0,10%. E’ normale che i capitali defluissero per acquistare bond più remunerativi. A farne le spese è stato lo yen, che arrivò nell’autunno passato a perdere quasi il 25% contro il dollaro in pochi mesi, scendendo ai livelli minimi dal 1998.
Giappone fermo sulla sua linea
Lo yen resta debole, se è vero che dai massimi di gennaio perde quasi il 5%. Ed è perfettamente comprensibile. Fino a poche settimane fa, gli investitori credevano che il successore di Kuroda avrebbe abbandonato la politica monetaria ultra-espansiva per abbracciare, pur molto gradualmente, il rialzo dei tassi d’interesse. La stessa nomina di Ueda già segnalava una sostanziale continuità con l’impostazione monetaria di questi anni. Ora che le banche americane scricchiolano, analisti e mercato credono che la Federal Reserve sia quasi alla fine del ciclo rialzista dei tassi. Lo stesso dicasi per l’Europa.
Per questa ragione, la divergenza monetaria tra Giappone e resto del mondo nei prossimi mesi si ridurrebbe. Ciò sta abbassando la pressione su Tokyo per cambiare policy.