I fringe benefit sono beni e servizi offerti dal datore di lavoro ai propri dipendenti, quali incentivi e parte della remunerazione, che si sommano a quella di tipo monetario. Tra questi troviamo anche i prestiti, come disciplinato dal TUIR.
Le erogazioni dal valore non superiore ai 258,23 euro non sono conteggiate nel reddito del lavoratore, mentre per importi superiori si ha un conteggio totale, vale a dire per intero e non solo della parte eccedente la soglia suddetta. Dicevamo che anche i prestiti concessi dal datore di lavoro o per i quali il datore di lavoro ha stipulato accordi/convenzioni con l’istituto di credito, perché il dipendente possa accedere al finanziamento a condizioni agevolate, rientrano tra i fringe benefit.
Come si tassano i prestiti ai dipendenti
Da un punto di vista fiscale, va tassato solamente il 50% tra il tasso di interesse concesso al lavoratore e il tasso ufficiale di sconto, ovvero quello mediamente praticato al momento della stipula o alla fine di ciascun anno.
Facciamo un esempio: se il tasso mediamente applicato sul mercato sui prestiti omologhi a quello concesso al dipendente è del 3% e il datore di lavoro lo eroga all’1%, la differenza tassabile è pari all’1% sull’intero finanziamento, dato da (3% – 1%)/2. Secondo quanto specificato dall’Agenzia delle Entrate, nel caso di mutuo ipotecario, il lavoratore ha diritto a usufruire della detrazione del 19% sugli interessi, relativamente alla quota rimasta a suo carico, ossia al netto dell’eventuale contributo del datore.