I prestiti a tasso zero per i giovani potrebbero essere un incentivo per mettersi in proprio e potrebbero avere un effetto stimolante superiore a quello di aiuti come il reddito di cittadinanza. Sembra essere questa l’interpretazione fornita ai dati Anpal. Partiamo proprio dai numeri ufficiali per un’analisi obiettiva. Secondo l’Agenzia per le politiche attive a fine anno erano stati impiegati 28.700 persone su una platea di oltre 2,3 milioni di individui (circa un milione di nuclei familiari). Abbastanza per parlare di fallimento del reddito di cittadinanza nella fase 2?
Da qui l’idea di rivederlo, trasformandolo in un sussidio meno costoso ma, al tempo stesso, più stimolante e educativo.
Prestito a tasso zero: come funziona il credito di cittadinanza
In pratica la proposta è quella di riconoscere ai beneficiari del RdC la possibilità di accedere al cd credito di cittadinanza per mettersi in proprio. Se la fase 2 del RdC stenta a decollare, perché non inserirsi da soli nel mondo del lavoro, magari realizzando un proprio sogno o progetto? Ovviamente sussistono delle condizioni: il microcredito sarebbe concesso solamente a fronte di una sacrificio personale, di una riduzione anche non eccessivamente pesante dell’assegno percepito a titolo di RdC (con conseguente taglio ai costi della misura).
Ecco l’analisi del docente ordinario di Economia degli intermediari finanziari alla Sapienza e consigliere dell’Ente per il microcredito, Mario La Torre pubblicata sul suo blog: “una parte dei beneficiari del sussidio potrebbe essere traghettato verso progetti di microimprenditorialità o di cooperativa sociale, ed essere destinataria di un intervento finanziario a sostegno, che nel microcredito non va oltre i 35 mila euro e ha oggi un tasso di sofferenze largamente inferiore alla normale attività bancaria“.