Tornano in positivo i rendimenti dei fondi pensione nei primi due mesi del 2023. Tutte le linee di investimento proposte dai gestori evidenziano un segno positivo, ma molto debole a causa delle turbolenze in atto sui mercati. Per contro il Tfr viaggia intorno al 9% di rivalutazione media.
I dati ufficiali dei rendimenti dei fondi risente ancora delle perdite patrimoniali del 2022. A causa del ritorno dirompente dell’inflazione e avranno bisogno di anni per ricostituire il patrimonio perso dopo il crac dei foni pensione in Gran Bretagna.
Fondi pensione: torna il segno positivo
Nel complesso, i risultati dei primi due mesi del 2023 timidi segnali positivi. Il comparto dei fondi pensione negoziali segna un progresso del 1,2%, mentre i fondi aperti del 1,9% grazie a un mese di gennaio in recupero. A febbraio, però, la crescita si è fermata. I fondi negoziali hanno ripiegato dell’1,0%, mentre quelli aperti sono calati dello 0,7%. A tenere meglio sono state le linee monetarie, che hanno limitato la flessione a -0,72% per gli aperti e a -0,13% per i negoziali.
A pesare sui risultati (che coinvolgeranno anche le performance di marzo) sono le crisi bancarie. Da Silicon Valley Bank a Credit Suisse, la situazione è andata peggiorando con i gestori costretti ad accusare nuove perdite patrimoniali a causa del calo dei prezzi delle obbligazioni e dei titoli di Stato in portafoglio.
Resta sempre positivo il bilancio degli ultimi dieci anni, con i fondi pensione negoziali che hanno guadagnato in media il 2,5% all’anno e gli aperti in progresso dell’1,9%. Gli azionari hanno fatto ancora meglio: un +5,9% per i fondi pensione negoziali e 4,8% per quelli aperti.
Il Tfr resta la scelta migliore
Il Tfr resta in questo momento il porto sicuro per eccellenza. Lo scorso anno ha reso l’8,3% contro una performance negativa media dei fondi pensione del 10%. Uno scarto complessivo di 18 punti percentuali che torna a colmare il gap fra fondi pensione e Tfr accumulato nel lungo periodo.
A febbraio il coefficiente di rivalutazione del Tfr è stato dello 0,440355% per le quote accantonate al 31 dicembre 2022. Il dato scaturisce come conseguenza dell’inflazione misurata periodicamente dall’Istat. Ricordiamo che la rivalutazione annuale del Tfr è pari al 1,5% + 0,75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo su base annua. La stessa rivalutazione è assoggettata a imposta fiscale del 17%, contrariamente a quanto avviene per le quote destinate ai fondi pensione il cui prelievo fiscale è del 20%.
A causa del previsto rallentamento dell’inflazione i rendimenti del Tfr non saranno paragonabili a quelli dello scorso anno, tuttavia, nel lungo periodo, al netto delle tasse, il Tfr si è dimostrato vincente rispetto ai fondi pensione. Negli ultimi 10 anni il Tfr ha reso il 26,55%, contro il 24,14% delle linee obbligazionarie dei fondi pensione e il 18,09% di quelle bilanciate. Solo il comparto azionario ha reso di più (+54,23%).