L’Italia è in bolletta ed è il caso di dire che mai espressione fu più letterale. Il caro energia sta colpendo le famiglie italiane e i consumi starebbero già riducendosi. Secondo un’indagine realizzata dall’IPSOS per Confcommercio, il 91% degli italiani adotterà una qualche strategia per far fronte ai rincari delle bollette. Come? Tagliando fino al 55% tutte le altre spese, percentuale che sale al 59% nel Sud e nelle Isole. Questo implica il rischio, spiega l’indagine, che a rimetterci sia il Made in Italy, dato che cercheremo di stringere la cinghia rinunciando a o riducendo abitudini di consumo come il mangiare fuori casa, andare in vacanza, comprare abbigliamento e accessori, ecc.
Il presidente dell’ISTAT, Gian Carlo Blangiardo, ha messo le mani avanti e spiegato che le previsioni di crescita per l’economia italiana siano state già tagliate dello 0,7%, ma l’impatto potrebbe essere anche di dimensioni “notevolmente superiori”. Le stime sono ormai alla giornata con la guerra ucraina. Nel frattempo, l’istituto Prometeia ha tagliato al 2,3% il tasso di crescita del PIL atteso per quest’anno e alzato al 5,3% quello sull’inflazione. A febbraio, le previsioni erano ancora rispettivamente del +3,6% e +3,5%.
Previsioni di crescita giù e il debito lega le mani a Draghi
Il governo Draghi aveva stimato nell’autunno scorso una crescita dell’economia italiana del 4,7% per quest’anno, a fronte di un’inflazione all’1,5%. Queste cifre appaiono ormai semplicemente ridicole. C’è, anzi, il forte rischio di una ricaduta nella recessione, che in Germania è molto probabile già nel trimestre in corso. Qualche segnale inizia a preoccupare persino negli USA, dove lo spread tra rendimento a 10 e a 2 anni è sceso a soli 17 punti base (0,17%), ai minimi da marzo 2020, quando la pandemia mise piede nell’Occidente. L’appiattimento e, soprattutto, l’inversione della curva anticipano generalmente la recessione dell’economia americana nei trimestri seguenti.
Gli spazi di manovra fiscali molto scarsi stanno impedendo al governo Draghi di intervenire in misura appropriata contro la crisi. I pochi provvedimenti sin qui adottati con il decreto Energia sono obiettivamente carenti e persino qualitativamente scadenti, dato che non contribuiscono a proteggere né i livelli di produzione, né i consumi interni. A differenza della pandemia, neppure l’Unione Europea sembra intervenire con unità e prontezza ai rischi economici derivanti dalla guerra ucraina. Anzi, l’esplosione dell’inflazione costringe la BCE a tagliare gli acquisti dei bond e persino a prospettare un possibile rialzo dei tassi nel medio periodo.
Se il PIL crescesse quest’anno del 2,3% indicato da Prometeia, le dimensioni dell’economia italiana rimarrebbero di due terzi di punto percentuale inferiori a quelle pre-Covid. E poiché allora erano ancora di oltre il 4% più basse del 2007, di fatto a distanza di 15 anni saremmo di quasi il 5% indietro. E pensare che nel decennio passato una mano santa alla crescita ce l’abbia dato quella bilancia commerciale così drasticamente precipitata in territorio negativo nel mese di gennaio, quando ancora la guerra non era iniziata, le materie prime costavano molto meno e le prospettive per l’economia italiana erano decisamente migliori di oggi.