Manca ormai poco alle elezioni presidenziali e per il rinnovo del Congresso negli Stati Uniti. I sondaggi dicono “too close to call”, cioè regna l’incertezza su chi guiderà la prima economia mondiale per i prossimi quattro anni. Gli scommettitori puntano su Donald Trump, anche se il margine di vantaggio su Kamala Harris si è notevolmente ridotto nelle ultime ore. E in questo clima diventa tutt’altro che semplice fare previsioni sull’oro che abbiano una qualche solidità. Non dobbiamo dimenticare che le quotazioni auree sono esplose dalla metà di giugno, quando le chances di vittoria per Trump s’impennarono, specie dopo la pessima performance del presidente Joe Biden, allora candidato per il Partito Democratico.
Previsioni oro difficili con “Trump trade”
Il metallo giallo guadagna più del 40% nell’ultimo anno. Scambia oggi sopra 2.740 dollari l’oncia, anche nelle scorse sedute era arrivato a ridosso dei 2.800 dollari. La variabile Trump pone una riflessione approfondita sulle prospettive per i prossimi mesi. I mercati hanno dato vita da settimane a quello che in gergo è stato definito il “Trump trade”. In pratica, azioni e dollaro su e bond giù. Nella seduta odierna, la maggiore incertezza sull’esito elettorale sta facendo tornare a respirare i Treasuries, mentre il biglietto verde ripiega.
Rebus politica fiscale
Perché le previsioni sull’oro diventano complicate nel caso di vittoria del tycoon alle elezioni presidenziali di domani? Stiamo parlando del “safe asset” per antonomasia. Il mercato lo acquista essenzialmente per due ragioni: per proteggersi dai rischi e come riserva di valore. Quali sono i rischi contro cui ci si tutela? Crisi economica, instabilità finanziaria, inflazione e tensioni geopolitiche. Se essi sono percepiti in rialzo, la domanda sale. Nel caso contrario, la domanda e i prezzi scendono.
Con Trump alla presidenza, cosa accadrebbe a tale riguardo? L’ex presidente ha un’agenda economica improntata alla crescita tramite tagli alle tasse e investimenti pubblici.
Minori tensioni geopolitiche e più petrolio?
D’altra parte è anche vero che, almeno sul piano delle intenzioni, una seconda presidenza Trump allenterebbe le tensioni con la Russia e nel Medio Oriente. In un comizio di questi giorni, il candidato repubblicano ha dichiarato che nel caso di vittoria sentirebbe subito “Putin al telefono”. Egli punterebbe anche a far cessare la guerra tra Israele e Hamas entro l’inaugurazione della nuova presidenza, che si terrà il 20 gennaio prossimo.
Se mantenesse fede a queste promesse e, soprattutto, fosse capace di trasformarle in realtà, i rischi di natura geopolitica verrebbero almeno parzialmente meno. Per non parlare del fatto che con Trump di nuovo alla Casa Bianca le estrazioni petrolifere negli States troverebbero nuovo impulso. La maggiore offerta di greggio porterebbe a una discesa delle quotazioni globali, anche perché è verosimile pensare che le relazioni con l’Arabia Saudita migliorerebbero. Ciò allenterebbe i timori sull’inflazione. E tutto ciò avrebbe quale effetto principale di ridurre la domanda di oro.
Fattore Trump incide su previsioni oro
Non è tutto. Trump significa anche nuovi dazi contro la Cina. La mossa finirebbe per acuire le tensioni tra le superpotenze, oltre che a colpire la crescita globale e ad accentuare i costi delle importazioni. Pechino potrebbe accelerare gli acquisti di oro in reazione alle mosse di Washington.