Associazioni dei consumatori sul piede di guerra contro i rincari dei carburanti alla pompa. Un inizio di anno amaro per milioni di automobilisti, costretti a pagare molto di più il pieno. Dall’1 gennaio, infatti, il taglio delle accise di 18,30 centesimi al litro è stato azzerato. Era di 30,50 centesimi fino al 30 novembre scorso. Il governo Meloni ha deciso di cancellare lo sconto varato dal predecessore Mario Draghi nel marzo scorso, al fine di risparmiare quasi 1 miliardo di euro al mese. Risorse che sono andate a finanziare gli aiuti a famiglie e imprese contro il caro bollette e l’aumento delle pensioni.
Misure contro speculazione alla pompa
Tra le decisioni assunte, l’obbligo di esporre i prezzi medi nazionali presso le stazioni di servizio. In questo modo, il consumatore può subito avere accortezza della differenza tra i prezzi praticati dal gestore e quelli medi del mercato. Ci saranno anche controlli per evitare abusi. Ma c’è stata realmente la speculazione sui prezzi di cui parla il governo? Per capirlo, abbiamo attinto ai dati settimanali del Ministero dello Sviluppo economico. A proposito, il monitoraggio diventerà giornaliero per non offrire alcuna tregua a chi volesse approfittare dei rincari all’interno della categoria.
Ebbene, i dati del Mise pubblicati il 9 gennaio e con riferimento al periodo 1-8 gennaio ci spiegano che i prezzi della benzina in media sono stati di 1,812 euro al litro con la modalità self-service. La settimana precedente, erano stati in media di 1,644 euro. E la settimana precedente ancora, di 1,625 euro.
Prezzi benzina su, ma non troppo
Mettendo assieme tutti questi dati, otteniamo che il costo della materia prima incluso di IVA sarebbe sceso da quasi 0,61 a 0,57 centesimi al litro. Al netto, quindi, tra la fine di dicembre e gli inizi di gennaio i prezzi della benzina sarebbero dovuti salire di non oltre 15 centesimi. Risultano saliti di circa 4 centesimi in più come media nazionale. Non sembrano numeri tali da giustificare accuse di speculazione. Questo non significa che qualche gestore non ci abbia marciato o che non sia vero che, ad esempio, in autostrada i rincari siano stati esagerati. Ma qui non c’entra la speculazione, quanto la scarsa concorrenza che si ha in alcune nicchie di mercato.
Minacciare di sguinzagliare la Guardia di Finanza può impressionare qualcuno, ma alla lunga non sortirà alcun effetto. C’è il precedente clamoroso del 2002, quando passammo dalla lira all’euro. Molti prezzi raddoppiarono, ma stando all’ISTAT quell’anno l’inflazione italiana fu del 2,50% scarso. Credibilità zero delle statistiche ufficiali. Con quale autorità il governo avrebbe anche solo potuto immaginare allora di inviare controlli nei negozi, se stando ai suoi stessi dati i prezzi fossero stabili? Storicamente, poi, i controlli non hanno mai funzionato. Prendete anche la Croazia di questi giorni. Con l’ingresso nell’euro, rincari medi tra il 5% e il 20%. Rilevati anche del 30% per pane e burro. Il premier minaccia guerra e fiamme, ma nei fatti chi specula continua a farlo indisturbato.