Il bilancio da inizio anno è virato in rosso e ieri i prezzi di Bitcoin risultavano ai minimi da circa 100 giorni, ossia dalla prima decade di novembre. Quasi azzerati i guadagni arrivati con la rielezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Il tycoon è diventato un grande sostenitore delle criptovalute e ha promesso non solo di allentare la regolamentazione a loro carico, ma anche di costituire una riserva federale di Bitcoin per abbattere in futuro il debito pubblico americano.
Avvenimenti negativi sul mercato crypto
Ciononostante, i prezzi di Bitcoin hanno smesso di salire. Dall’apice di circa 108.000 dollari segnato a dicembre, registrano un tonfo attorno al 18%. In poche settimane, -350 miliardi di capitalizzazione. A pesare negativamente sono state alcune delle ultime vicende accadute proprio sul mercato delle criptovalute. La scorsa settimana, c’è stato il più grande furto di token digitali nella storia.
Ethereum per un valore di circa 1,4 miliardi sono stati sottratti ai clienti di Bybit, una piattaforma exchange con sede a Dubai. Il caso, tuttavia, non ha provocato grossi danni come avvenne a Mt Gox nel 2014.
E il presidente argentino Javier Milei è finito nell’occhio del ciclone, persino indagato dai giudici di Buenos Aires, dopo avere sponsorizzato sul suo profilo social $Libra, una criptovaluta che ha perso rapidamente il 40% del suo valore, colpendo i capitali di numerosi investitori domestici. Come Trump, anche Milei è un grande sostenitore di questo nuovo asset, sebbene dopo questo fatto possiamo immaginare che ostenterà un po’ meno il proprio endorsement per non attirare ulteriori critiche.
Tassi fermi, risale inflazione
Ma non sono stati questi i veri motivi di fondo che hanno portato al crollo dei prezzi di Bitcoin e le altre criptovalute.
La ragione più importante ruota attorno all’economia. L’inflazione americana non smette di salire ed è già tornata al 3% nel mese di gennaio. La Federal Reserve si è vista costretta a sospendere il taglio dei tassi di interesse e potrebbe tenerli fermi per diversi mesi. In Europa la situazione è parzialmente diversa. Qui, i tassi sono attesi ancora in calo per via di un’economia stagnante, pur in presenza di un’inflazione tornata sopra i target del 2%.
I prezzi di Bitcoin si mostrano correlati negativamente ai tassi globali. Similmente all’oro, si avvantaggiano dell’aumento della liquidità sui mercati. Per ragioni apparentemente opposte: la criptovaluta beneficia della maggiore propensione al rischio che consegue all’abbondanza dei capitali disponibili; il metallo dell’aumento dell’inflazione temuto da chi corre a proteggersi. Fatto sta che siamo in una fase incerta, laterale sul mercato obbligazionario. I rendimenti dei bond hanno smesso di salire, ma non scendono e restano allettanti, specie sul tratto lungo della curva dei tassi per il caso in cui l’inflazione rientrasse.
Prezzi Bitcoin legati a materie prime
Le prospettive per i prezzi di Bitcoin non mutano per il medio e lungo periodo. Gli investitori istituzionali hanno varcato il Rubicone negli ultimi tempi e con Trump alla Casa Bianca si fa più concreto lo scenario di un inserimento dell’asset tra le riserve ufficiali. Il calo di queste settimane può costituire un segnale di acquisto per quanti sono stati alla finestra nell’attesa di toccare con mano le prime misure dell’amministrazione americana. Segnali positivi in tal senso arrivano dall’energia: gas e petrolio sono scesi ai minimi da dicembre.
Materie prime meno care possono ridurre la pressione sui prezzi al consumo e far tornare l’inflazione in calo nei prossimi mesi, innescando un circolo virtuoso per l’economia e le criptovalute.
giuseppe.timpone@investireoggi.it
Analisi sempre lucida e che apre alle prossime sfide economiche. Dissento però sulle crypto bufale che dimostreranno la consistenza già accertata da Buffet = valore ZERO.
Lui non spenderebbe 10 $ per comprare tutti i BITCOIN in circolazione.
Possiamo meditare o no?
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Ma con tutta la valanga di $ € stampati a go go c’era bisogno di oltre 10.000 cripto diverse e memcoin? Il problema era ridurre la moneta circolante non crearne nuova.
La vera domanda è: tra dieci anni sarà più rilevante o meno?