In crisi il sistema di fissazione dei prezzi ivoriani
Il sistema congegnato nel 2012 non regge più alla crisi dei prezzi. Allora, su pressione del Fondo Monetario Internazionale, fu deciso di dare vita a un modello di stabilizzazione dei redditi, per cui il CCC avrebbe venduto prima ancora del raccolto l’80% della produzione attesa e sulla base di prezzi prefissati, in modo da tutelare il settore dalle oscillazioni delle quotazioni internazionali.
Fino a quando i prezzi a Londra erano alti e il franco CFA debole, il sistema ha funzionato.
Il sostegno della Cina
Qualche segnale positivo il mercato lo sta offrendo nelle ultime settimane, essendo il prezzo del cacao passato dai 1.869 dollari dell’8 marzo agli oltre 2.176 di ieri, segnando +16,4%. Il recupero è dovuto essenzialmente al rally della sterlina, che in seguito all’annuncio dell’attivazione da parte di Londra della clausola del Trattato di Lisbona per uscire dalla UE, è passata nello stesso arco di tempo da un cambio di 1,21681 a uno di 1,25175.
E pensare che il prezzo del cacao mostrava un trend opposto a quello delle altre materie prime, tanto da quotare sopra i 3.400 dollari nel dicembre 2015, nel pieno di un periodo nero per le commodities. Ad avere sostenuto le quotazioni è stata la crescente domanda dalla Cina, dove una nascente classe media ha iniziato ad assaporare il gusto del cacao negli ultimi decenni. E proprio Pechino potrebbe fungere da floor per i suo prezzi, nonostante l’abbondante offerta. Lo spera, anzitutto, il presidente Outtara, sotto la cui presidenza la Costa d’Avorio ha registrato pace e tassi medi di crescita del 9%, ma che potrebbero risultare insufficienti alle rielezione. (Leggi anche: Il cacao sfugge alla crisi delle materie prime)