Ieri, il prezzo dell’oro risultava sceso in area 1.945 dollari l’oncia, circa 125 in meno (-6%) rispetto ai massimi di sempre, toccati a inizio agosto. Ed è da circa un mese che le quotazioni si attestano nuovamente sotto i 2.000 dollari, segnalando un trend opposto a quello intravisto da numerosi analisti, secondo i quali sarebbero dovute salire ulteriormente nelle settimane successive. Quando parliamo di massimi, dobbiamo intenderci: si è trattato di un record nominale e non reale quello estivo. Tenendo in considerazione il tasso d’inflazione, scopriamo che il picco dei 1.921 dollari toccato nel settembre 2021 equivarrebbe a circa 2.150 dollari odierni e che per tendere ai livelli di inizio anni Ottanta dovremmo veder lievitare le quotazioni oggi a 2.700 dollari.
Ecco perché il prezzo dell’oro è crollato in settimana
Queste cifre ci consegnano una storia un po’ diversa da quella che ci siamo raccontati in questi mesi. Il punto massimo l’oro lo raggiunse, quindi, circa 40 anni fa, quando l’inflazione ancora galoppava in gran parte dell’Occidente, a causa delle precedenti due crisi petrolifere negli anni Settanta. Più che altro, ci interessa capire la ragione di questo dietrofront dei prezzi nelle ultime settimane.
L’altro ieri, la Federal Reserve ha comunicato che terrà i tassi prossimi allo zero “almeno fino al 2023”. In teoria, la notizia avrebbe dovuto sostenere i corsi aurei, mentre è avvenuto l’opposto. Perché? Il mercato aveva grosso modo scontato un simile scenario e, al contrario, si attendeva prospettive ancora più accomodanti dalla Fed. Resta il fatto innegabile che il mercato obbligazionario mondiale abbia registrato un boom in questi mesi, con rendimenti in picchiata e prezzi in ascesa, fattore che tiene alte le quotazioni dell’oro.
Oro e tensioni internazionali
Ma nell’ultimo mese, il prezzo del petrolio è sceso da 45 a 40 dollari al barile. Le previsioni appaiono meno incoraggianti per il breve e medio termine, dato che la ripresa dell’economia mondiale è attesa meno rapida rispetto a qualche mese fa.
Con il greggio meno caro, l’inflazione difficilmente rialzerà la testa. Del resto, il primo capta l’andamento poco vivace dell’economia mondiale, a partire dai consumi. E questi potrebbero avere subito in parte un cambiamento strutturale, per effetto di innovazioni divenute largamente diffuse come lo “smart working”. Vi sarebbe nel futuro post-Covid una minore domanda di petrolio, con effetti a cascata deprimenti sui prezzi al consumo. E questo non va nella direzione di stimolare ancora al rialzo i prezzi dell’oro.
Insomma, i bassi tassi dovrebbero incentivare l’acquisto di oro, ma riflettendo una bassa inflazione globale, finiscono per frenare i capitali dal dirigersi verso il bene rifugio per eccellenza. Infine, la debolezza del dollaro sembra essersi stabilizzata. Il deprezzamento del biglietto verde si è momentaneamente arrestato e l’oro risulta correlato negativamente ad esso, essendovi denominato. Ma le tensioni geopolitiche, economico-finanziarie e commerciali non cesseranno presto, corroborate dal rischio di un colpo di coda della crisi sanitaria nei prossimi mesi. Più che un definitivo ripiegamento, quello dell’oro sembra più una pausa di riflessione per capire cosa stia succedendo sui mercati.
Perché il prezzo dell’oro può esplodere con il prossimo passo della Federal Reserve