Il governo di Bangkok ha intenzione di emettere un bond in dollari per l’importo di 1 miliardo, il quale sarebbe il primo sovrano per la Thailandia nell’arco di un ventennio. Il premier Srettha Thavisin, in carica da appena sei mesi, intende utilizzare i proventi per finanziare progetti sostenibili.
Bond in dollari a tassi più alti
Il bond in dollari della Thailandia sarebbe interessante da diversi punti di vista. Per prima cosa, dobbiamo sapere che per il governo non si tratterebbe di emettere debito a costi più contenuti rispetto ai titoli in valuta locale.
E allora che senso ha emettere un bond in dollari per la seconda economia del sud-est asiatico? L’idea sarebbe di funge da riferimento per il mercato corporate in valuta americana con la costruzione di un’apposita curva. D’altra parte, probabile che il governo abbia messo in conto di spendere di più subito con la fissazione di cedole più elevate, ma potenzialmente risparmiando alla scadenza grazie al presumibile rafforzamento del tasso di cambio contro il dollaro.
Bond Thailandia investment grade
In effetti, il baht ha perso da inizio anno quasi il 5% contro il dollaro, sebbene la banca centrale stia tenendo i tassi di interesse al 2,50%, nettamente sopra i livelli d’inflazione. A gennaio, questa era scesa al -1,11%, sottozero per il quarto mese consecutivo. I tassi reali sono, dunque, nettamente positivi. E la Thailandia è un emittente “investment grade” con rating BBB+ per S&P e Fitch, Baa1 per Moody’s. I giudizi delle agenzie di valutazione risultano superiori a quelli assegnati all’Italia.
D’altronde, il debito pubblico ammonta al 55% del PIL e il deficit fiscale nel 2023 si era dimezzato al 2,8%.
C’è rischio di cambio
In altre parole, il bond in dollari della Thailandia sarebbe da adocchiare quando verrà emesso. Si tratta di un’occasione rara per investire in un’economia emergente mediamente sviluppata, con un PIL pro-capite che viaggia verso i 7.000 dollari. Ovvio il rischio di cambio, dettato dal fatto che il dollaro possa perdere terreno contro l’euro nei prossimi anni e ridurre così il valore del capitale rimborsato alla scadenza o disinvestito in anticipo, così come delle cedole corrisposte fino ad allora.