Con il 15% del capitale ceduto la scorsa settimana tramite una terza operazione di “accelerated bookbuilding” in meno di un anno, il Tesoro ha completato la privatizzazione del Monte Paschi di Siena. La presenza dello stato non è stata azzerata, ma è rimasta minoritaria con una quota dell’11,72%. L’incasso complessivo è stato di 2,67 miliardi, così suddivisi:
- 920 milioni con la prima tranche del 25%
- 650 milioni con la seconda tranche del 12,50%
- 1,1 miliardi con la terza tranche del 15%
Nasce terzo polo bancario
Banco BPM è entrato nel capitale con una quota del 5%, mentre la controllata Anima ha acquistato un altro 3%, salendo al 4%.
Un anno fa, lo stato deteneva ancora il 64,2% del capitale. La cessione di circa il 52,50% è stata sufficiente a restituire ai contribuenti italiani quanto speso dal 2017 con il salvataggio? Facciamo due conti per capire meglio. Quell’anno, il Tesoro entrò con un’iniezione di liquidità di 3,8 miliardi tramite un aumento di capitale. E dovette accollarsi anche il costo di 1,6 miliardi per rimborsare le obbligazioni subordinate emesse dall’istituto sul mercato retail domestico. In tutto, 5,4 miliardi.
Perdite recuperate in parte
Due anni fa, poco prima che s’insediasse al governo Giorgia Meloni, il Tesoro partecipò pro-quota a una nuova ricapitalizzazione di 2,5 miliardi, sborsando altri 1,6 miliardi. Il costo del salvataggio saliva a 7 miliardi. Come abbiamo detto, la privatizzazione di Monte Paschi ha fatto introitare allo stato finora 2,67 miliardi. Ai prezzi di borsa attuali, la quota residua del Tesoro varrebbe altri 900 milioni.
Affinché fossimo nelle condizioni di recuperare l’intera somma sborsata dai contribuenti, la capitalizzazione della banca senese dovrebbe salire in borsa di altri 30 miliardi. Il prezzo del titolo dovrebbe sfiorare i 30 euro dai circa 6 euro attuali. In sostanza, solo quintuplicando il suo valore a Piazza Affari Monte Paschi garantirebbe il ristoro completo ai contribuenti tramite la privatizzazione. Sarebbe uno scenario possibile? Considerate che Unicredit e Intesa Sanpaolo capitalizzano in borsa a una media di poco superiore alle 7 volte l’utile netto atteso per questo esercizio. Applicando lo stesso multiplo a Monte Paschi e sapendo che l’utile netto per il 2024 dovrebbe attestarsi a 2 miliardi o anche meno, non arriveremmo oltre i 14-15 miliardi al massimo.
Privatizzazione Monte Paschi ci rende felici a metà
In altre parole, esiste ancora un grosso potenziale di crescita per l’istituto, ma da qui a prevedere che la privatizzazione completa di Monte Paschi riesca a indennizzare al 100% i contribuenti italiani ce ne corre. Non è uno scenario molto realistico. E bisogna anche considerare un altro aspetto: i 5,4 miliardi spesi nel 2017 con l’inflazione oggi varrebbero il 20% in più. Nel frattempo, ci sono costati centinaia di milioni di euro di interessi, visto che lo stato si è dovuto indebitare con il mercato per trovare quella somma. Il salvataggio degli anni passati è con ogni probabilità destinato a rimanere per sempre sul groppone ai contribuenti. Possiamo essere felici già di avere recuperato parte delle perdite patite e di non doverne (si spera) più sostenere di ulteriori.