Nomine dei nuovi vertici in stallo, accuse di TeleMeloni dalle opposizioni, bordate dell’Unione Europea sul pluralismo dell’informazione pubblica, interviste poco gradite alla premier rilasciate da Piersilvio e Marina Berlusconi. Ed è forse per rovesciare il tavolo e ridimensionare gli attacchi di alleati e oppositori che Giorgia Meloni ha fatto trapelare l’intenzione di procedere alla privatizzazione della Rai. La notizia è stata lanciata da Il Foglio. Non si sono avute dichiarazioni ufficiali di Palazzo Chigi, ma pare che l’idea sarebbe di mettere sul mercato il 50% della tv di stato.
Già tensioni su abolizione canone Rai
L’ipotesi servirebbe, anzitutto, a risanare i conti di Viale Mazzini. Secondo l’ultimo bilancio approvato, il debito ammonta a 568 milioni di euro. Da mesi il governo è impegnato a cedere parte degli asset detenuti e considerati non indispensabili. Oltre a Monte Paschi di Siena, nel mirino anche Eni (2,8% già venduto a maggio), Eni, Poste Italiane, Rai Way, ecc. Obiettivo: incassare 20 miliardi in tre anni. Tuttavia, il dossier è molto più politico che finanziario.
Tensioni nella maggioranza vi erano state nelle settimane scorse sulla proposta della Lega di abolire il canone Rai. Forza Italia ha subito impuntato i piedi e non a caso subito dopo è arrivata l’intervista di Marina Berlusconi in funzione “anti-populista”. Il discorso è semplice: a Mediaset interessa che la tv pubblica faccia meno pubblicità possibile, altrimenti si mangerebbe parte del suo mercato con annessi ricavi. E Forza Italia è controllata proprio dalla famiglia Berlusconi, che di Mediaset è proprietaria.
Mediaset contraria
La privatizzazione della Rai sarebbe uno scenario di gran lunga peggiore per Cologno Monzese. Avrebbe a che fare con un soggetto per metà privato e che risponderebbe al mercato, più che alla politica. Viale Mazzini dovrebbe far quadrare i bilanci a garanzia degli azionisti, evidentemente mandando in onda molta più pubblicità di oggi.
Le probabilità di una parziale privatizzazione della Rai? Scarsissime. Forza Italia farebbe saltare il banco. Le stesse opposizioni non la vorrebbero. A turno la tv pubblica la controllano tutti e cederla sul mercato implica il rischio di vedersi sfilato tra le mani un giocattolo per controllare l’informazione. Il dibattito si rivela, tuttavia, necessario. Una volta per tutte bisogna chiarire che mantenere 14 reti pubbliche sul digitale terrestre non abbia granché senso in un mondo in cui l’informazione corre su internet alla velocità della luce e in cui i produttori di contenuti sono numerosi e su svariate piattaforme, a garanzia del pluralismo.
Privatizzazione Rai ipotesi rivoluzionaria
Difficile che dal dibattito, sempre che fosse portato avanti, se ne ricaverà qualcosa di concreto e costruttivo. Le posizioni a favore di una reale privatizzazione della Rai sono ultra-minoritarie in Parlamento. Vuoi per ragioni ideologiche – la famosa difesa del servizio pubblico – vuoi per la difesa di interessi aziendali, non la vuole quasi nessuno. Certo, se in un qualche modo alla premier riuscisse di portare una ventata di aria fresca negli studi della tv di stato, sarebbe un’impresa di portata storica. Tra l’altro, la mossa consentirebbe allo stato di incassare una cifra non irrisoria con cui abbattere il debito societario. Se ne avvantaggerebbe anche il cittadino-utente, che pagherebbe un canone ancora più ridotto. E non necessariamente alla Rai. A quel punto, il servizio pubblico potrebbe essere finanziato anche altrove. Ma si tratterebbe di uno scenario fin troppo rivoluzionario per risultare credibile nella terra del Gattopardo.