La pensione si presenta come una tappa importante nella vita di ognuno di noi, in quanto delinea la fine della carriera lavorativa, aprendo la possibilità di trascorrere il proprio tempo facendo ciò che più aggrada.
Per poter andare in pensione, però, come noto, bisogna essere in possesso di determinati requisiti sia dal punto di vista dell’età anagrafica che dei contributi. Diversi le opzioni attualmente disponibili, tra cui Quota 102, la cui possibile proroga nel 2023 rischia di essere una zavorra ventennale.
Proroga Quota 102 anche nel 2023? Rischia di essere una zavorra ventennale: il motivo
Abbiamo già avuto modo di vedere assieme che l‘Inps ha ammesso la scomoda verità sulle pensioni mettendo nero su bianco i rischi. Sempre soffermandosi su tale tipo di trattamento economico si resta in attesa di capire se Quota 102 verrà prorogata anche nel 2023. Una decisione che potrebbe essere presa nel corso dei prossimi mesi, rischiando di diventare una zavorra ventennale.
Ma per quale motivo? Ebbene, in tale ambito bisogna innanzitutto ricordare che in seguito alle dimissioni di Draghi, si fa sempre più largo l’ipotesi, appunto, di una possibile proroga nel 2023 d Quota 102. Un’opzione, quest’ultima, che consente di andare in pensione con 64 anni di età e 38 anni di contributi previdenziali obbligatori versati.
Una decisione, quella di optare per la proroga di Quota 102, volta ad evitare che a partire dal 2023 ci si ritrovi solamente alle prese con la Legge Fornero e le relative disposizioni, in base alle quali è possibile andare in pensioni al raggiungimento dei 67 anni di età.
Le stime del rapporto 2022 sulle tendenze di medio – lungo periodo del sistema pensionistico e socio sanitario
Entrando nei dettagli, così come si evince dal rapporto 2022 sulle tendenze di medio – lungo periodo del sistema pensionistico e socio sanitario, la Ragioneria generale dello Stato ha stimato che:
“Cumulativamente, nell’intero periodo di previsione, l’introduzione in via permanente della possibilità di pensionamento anticipato con requisito congiunto di almeno 64 anni di età e 38 anni di anzianità contributiva, pur ipotizzando l’adeguamento del requisito anagrafico agli incrementi della speranza di vita, produrrebbe un maggior onere valutabile in 4,3 punti percentuali di Pil rispetto ai risultati della legislazione vigente, frutto di un incremento di 5,5 punti percentuali fino al 2044 e di un successivo recupero stimabile i 1,2 punti percentuali”
Previsto aumento significativo del rapporto spesa pensionistica – Pil nel corso dei prossimi vent’anni
Come sottolineato dai tecnici della Ragioneria, quindi, il ricorso permanente a Quota 102 contribuirebbe a registrare un aumento significativo del rapporto spesa pensionistica – Pil nel corso dei prossimi vent’anni.
In alternativa non si esclude la possibilità che si opti per l’abolizione dell’adeguamento alla speranza di vita. In tal caso la spesa in rapporto al Pil aumenterebbe a partire dal 2026 in modo graduale. A seguire, dal 2031 fino al 2045 sarebbe più elevata di circa tre decimi di punto. Si raggiungerebbe quindi il picco nel 2042, quando si potrebbe arrivare a toccare quota 17% sul Pil.