Tariffe taxi elevate con scarsa concorrenza
Il valore delle licenze è determinato dal mercato chiuso dei taxi. In sostanza, il comune rilascia gratuitamente una licenza e questa assume immediatamente un elevato valore commerciale per il titolare, grazie al fatto che il numero complessivo delle licenze sia limitato e le tariffe così formatesi sul mercato risultano di gran lunga superiori a quelle che sarebbero spuntate in un regime di libera concorrenza.
I tassisti possono anche vantare ragioni, quando sostengono che le liberalizzazioni o la concorrenza “sleale” di Uber crea loro danni, in quanto hanno acquistato mediamente le licenze per 150-250 mila euro.
Battaglia contro Uber anacronistica
Un tassista che cede a terzi la licenza (legittimamente, in assenza di un divieto chiaro) starebbe speculando sul “privilegio” di essere tra i pochi titolari di un documento, senza il quale non si potrebbe operare nel settore e che è stato da lui ottenuto senza costi. La battaglia di retroguardia contro Uber sembra anacronistica, oltre che il segno di un’avversione atavica nel nostro paese contro il libero mercato, l’idea di concorrenza, definita sempre sleale, quando intacca lo status quo. (Leggi anche: Uber, il taxi che costa meno)
Si possono studiare i modi di transitare l’attuale regime verso uno nuovo ed aperto, ma l’obiettivo dovrebbe essere condiviso da tutte le forze politiche, cosa che non è, per via delle pressioni lobbistiche praticate dalla categoria per salvaguardare l’attuale sistema. Eppure, non sfuggirà a nessuno quanto esose siano le tariffe applicate per fascia chilometrica in Italia rispetto agli altri paesi europei, così come quanto carente sia il servizio in alcune realtà ad alta densità abitativa.