La scorsa settimana si è tenuto per tre giorni a Kazan, Russia, il vertice dei cosiddetti Brics. Possiamo commentare in diversi modi l’esito dell’assise. Sul piano delle proposte concrete non è stato nulla di che. Qualcuno lo definirebbe un buco nell’acqua, la solita retorica condita da pochissimi fatti. Ed è stato perlopiù questo. Eppure, Vladimir Putin ne esce rafforzato. Il suo principale obiettivo da padrone di casa consisteva nel mostrarsi al mondo tutt’altro che isolato, come lo dipinge l’Occidente.
Niente monete comune anti-dollaro
Un successo d’immagine per l’uomo che doveva dimostrare di non essere un appestato. Ciliegina sulla torta: la presenza di Antonio Guterres, niente di meno che segretario delle Nazioni Unite. Putin non poteva che essere contento. Sul suolo russo hanno messo i piedi persino leader formalmente amici del blocco occidentale, suo nemico. I sauditi sono nella “waiting list” per entrare a fare parte dei Brics, mentre Ankara ci sta pensando sul serio.
Al vertice Brics, tuttavia, è stata accantonata l’idea di una moneta comune. Come abbiamo scritto più volte in questi mesi, non bastano le ambizioni per poter lanciare una sfida così complessa al dollaro. Mancano i fondamentali, oltre che l’unita di intenti. E i primi ad essersene resi conto sono stati proprio russi e cinesi. Anziché intestardirsi su un progetto che rischia di dividere il blocco al suo interno (figuratevi se l’India accetti di usare uno yuan mascherato per commerciare) e di allontanare preziosi alleati come Riad, meglio procedere a piccoli passi.
Vertice Brics minaccia Bretton Woods
Di fatti, il vertice Brics ha esitato la non meno importante ambizione di porre fine al sistema finanziario globale sorto sulle ceneri della Seconda Guerra Mondiale. In parole povere, basta a Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale, istituzioni che nacquero per puntellare Bretton Woods, scricchiolato già nel 1971 con la fine della convertibilità del dollaro in oro. Putin e Xi, prima di tutti, sanno che dalla loro hanno le materie prime. Gli altri – noi, occidentali – hanno i capitali. I primi hanno bisogno dei secondi e viceversa. Rispetto al passato, non c’è più alcun timore reverenziale verso Stati Uniti e alleati. La Cina è in corsia di sorpasso per diventare la prima economia mondiale, l’India cresce a ritmi elevati e la Russia confida nei vicini di casa per non farsi tramortire dalle sanzioni occidentali.
Putin non è isolato, a meno di immaginare che il mondo nasca e muoia con l’Occidente. Prima ne prendiamo atto e meglio è. Non c’è peggior cieco di chi vuole vedere solo ciò che gli aggrada. Il vertice Brics mostra alcuni limiti evidenti, tra cui l’eterogeneità geopolitica dei suoi membri attuali e papabili. Come si fa a mettere eventualmente assieme Arabia Saudita e Iran? E India e Cina non hanno le stesse amicizie. Nuova Delhi è legata all’Occidente e non ha intenzione di diventare il cortile di casa di Pechino. Brasile e Venezuela si guardano in cagnesco, anche se al momento i leader di entrambi i paesi sono di sinistra. Figuratevi se a Lula succederà un politico di destra.
Putin sfrutta la voglia di multipolarismo
E allora cos’è effettivamente quello che abbiamo visto a Kazan con un Putin sorridente? Ci sono paesi come Russia e Cina, che puntano a disarcionare il dollaro nel lungo periodo e a dare vita a un blocco anti-occidentale.