Sembra che la priorità del nuovo governo Meloni sia stato individuata nel cambiamento radicale di diversi strumenti a sostegno di famiglia e lavoratori. Pare che la struttura delle misure oggi presenti nel sistema verrà profondamente modificata. L’Italia deve reggersi sul lavoro e non sull’assistenzialismo, almeno questo è il progetto a cui sta lavorando il governo in base alle indiscrezioni che trapelano dalle stanze dei bottoni. Il reddito di cittadinanza ed altre misure assistenziali potrebbero subire notevoli modifiche. Ed ultimamente sotto la lente di ingrandimento è finita anche la Naspi.
“Gentile redazione, sono un lavoratore ultrasessantenne che stava decidendo di chiudere la sua carriera il 31 dicembre prossimo, per poi godere di due anni di disoccupazione e andare in pensione, come programma nel 2025. Ero convinto che dopo una vita da lavoro avrei dovuto percepire due anni di disoccupazione indennizzata da parte dell’INPS. Ultimamente però sto ascoltando le ipotesi che si fanno sull’operato del nuovo governo che sembra voglia mettere mani anche alla Naspi. Sembra che vogliono ridurre il periodo di godimento di questa indennità. Accorciandolo salterebbe per aria il mio piano di pensionamento. Cosa c’è di vero in tutto questo?”
Cosa bolle in pentola e perché il sussidio potrebbe cambiare
Fasciarsi la testa subito non è una cosa buona dal momento che ad oggi siamo nell’ordine delle indiscrezioni e delle ipotesi. Semplici voci quindi che non hanno alcun fondamento ufficiale e che quindi non devono essere prese per verità assoluta. Questo non vuol dire però che non ci sia un fondo di verità. Infatti il nuovo esecutivo Meloni, sembra seriamente intenzionato a mettere mano ad una autentica rivoluzione per il meccanismo dell’assistenzialismo tipicamente italiano.
Le misure tipicamente assistenziali tra reddito di cittadinanza e Naspi
Le misure che oggi sono tipicamente assistenzialiste sono proprio il reddito di cittadinanza e la Naspi. Quest’ultima è acronimo di Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego. Si tratta dell’indennità che con il Jobs Act del Matteo Renzi Premier di qualche anno fa, ha sostituito le precedenti Mini Aspi, Aspi, disoccupazione ordinaria e Requisiti Ridotti. La prestazione è appannaggio di chi perde involontariamente il lavoro. Ma per come è impostata adesso, è finita nel calderone delle critiche all’assistenzialismo italiano. Infatti alla pari del reddito di cittadinanza anche la Naspi viene considerata da molti un autentico disincentivo al lavoro.
Il sussidio di disoccupazione oggi: durata, limiti e vincoli
Infatti un lavoratore che viene da lunghi periodi di continuità in assunzione, può arrivare a percepire ben 24 mesi di indennità. A tal punto che molti, come il nostro lettore, la vedono come una misura che può addirittura anticipare il pensionamento. Anche alla luce del fatto che i contributi da disoccupazione, benché figurativi, sono utili sia al calcolo che alla misura della prestazione pensionistica. Perché cercare un nuovo lavoro se possono prendere due anni di disoccupazione? Questa la domanda che giustifica il fatto che pure la Naspi viene considerata un disincentivo a lavorare. Come per il reddito di cittadinanza, che permette di godere di un importo mensile come sussidio, senza necessariamente adoperarsi a lavorare. La Naspi come durata è pari alla metà delle settimane lavorate dal richiedente, negli ultimi 4 anni. Chi ha lavorato di continuo per 4 anni può prendere 2 anni di disoccupazione. L’importo della Naspi è pari più o meno al 75% dello stipendio medio utile ai fini previdenziali, percepito sempre negli ultimi 4 anni.
Come cambierà la Naspi nel 2023
Il taglio di assegno dal 6° mese evidentemente per chi adesso vuole modificare la Naspi non basta a spronare le persone ad abbandonare il sussidio e lo status da disoccupato e cercare lavoro. Per questo si cercano correttivi più radicali. Uno dei quali, che poi è quello che è giunto all’orecchio del nostro lettore, è il taglio della Naspi non come importi, ma come durata. Oggi il disoccupato prende di Naspi la metà delle settimane lavorate nel quadriennio precedente. Il lavoratore matura il 50% delle giornate di lavoro effettuate come giornate indennizzabili da Naspi. La percentuale potrebbe scendere al 40% o addirittura al 30%.
Un netto taglio sulla durata della Naspi
Questa è la novità che più spaventa quanti nella Naspi vedono il veicolo per avere quella continuità reddituale che la perdita di un posto di lavoro blocca. Uno stagionale per esempio ha nella Naspi il riempitivo dei periodi di fermo delle attività. Se sono lavori stagionali significa che non possono essere svolti tutto l’anno per ovvie ragioni. Ed ecco che sono proprio gli stagionali quelli che più utilizzano la Naspi. Per un anno di lavoro si potrebbe arrivare a percepire non più i canonici 6 mesi di disoccupazione indennizzata INPS, ma solo 3/4 mesi. Così come un lavoratore in continuità di assunzione da 4 anni, potrebbe godere di 12 mesi di Naspi e non più di 24 mesi. Ed il nostro lavoratore che voleva sfruttare i due anni di Naspi come accompagnamento alla pensione, dovrà rivedere i piani. Spostando la sua ipotesi al 2024 come inizio nel periodo coperto da Naspi per poi passare alla sua pensione nel 2025. Sempre che la novità diventi realtà, dal momento che ripetiamo, per adesso sono solo ipotesi.