La pausa estiva è appena terminata e il primo Consiglio dei ministri già promette scintille. Sul tavolo del Governo, ai dossier lasciati prima dello stop di agosto (inclusa la discussione sul salario minimo), si sono aggiunti i temi caldissimi dell’estate, a cominciare dal caro carburante.
L’obiettivo è quello di arrivare all’autunno con un piano di contenimento mai così necessario a fronte di un’ondata di rincari che, forse, non ha nemmeno finito la sua corsa verso l’alto. In questo senso, gli strumenti di sostegno alla spesa rappresentano il deus ex machina di qualsiasi riforma, specie in vista della Manovra.
Le ipotesi al vaglio
Tra le tante ipotesi formulate, infatti, aveva iniziato a prendere piede quella di fornire ai lavoratori una sorta di potenziamento alternativo al Bonus Sociale. Questo considerando che gli standard di spesa non sembrano in grado di coprire tutte le voci che necessiterebbero di un nuovo finanziamento. A cominciare dagli sgravi portati dalla riduzione della componente fiscale delle buste paga, per il momento fuori budget a fronte di una Legge di Bilancio che richiederà perlomeno 30 miliardi.
E, se le buste paga saranno più leggere, un ragionamento più accurato si cercherà di farlo sugli stipendi. L’introduzione in Italia del salario minimo è da mesi un tema rovente, tra il pressing delle opposizioni (Pd in primis) per un’adozione in pianta stabile della strategia di retribuzione adeguata e le reticenze dell’esecutivo, che esplora anche alcune vie alternative (come l’aggiornamento contrattazione collettiva). Lo strumento, infatti, andrebbe a garantire a tutti i lavoratori una base minima di retribuzione, al di sotto della quale i CCNL non potranno scendere.
Salario minimo, come cambierebbero gli importi? Un esempio dei nuovi stipendi
Al momento, anche se il tempo tutto sommato stringe, quella sull’introduzione del salario minimo resta una discussione di fattibilità. E questo nonostante le opposizioni abbiano iniziato da tempo a fare pressioni, anche con una fortunata petizione online, affinché il Governo prenda seriamente in considerazione l’idea di garantire a tutti i lavoratori un minimo inderogabile. La proposta di legge, in particolare, poggia sull’articolo 36 della Costituzione, che impone il riconoscimento di una retribuzione adeguata e proporzionata. Sia alla quantità che alla qualità del lavoro prestato. L’obiettivo è quindi quello di adeguare il CCNL di riferimento a un salario che vada a poggiare su una base immutabile, che la proposta di legge fissa a 9 euro lordi come minimo orario.
Pluralità e mancanza di CCNL
Un’eventuale introduzione secondo i presupposti proposti dalla legge, andrebbe e prevedere un minimo garantito di 9 euro lordi come importo orario. Anche in presenza di condizioni potenzialmente sfavorevoli. O, comunque, per apportare strumenti di tutela per quei dipendenti operanti sotto una pluralità di contratti collettivi applicabili. E, addirittura, in mancanza di una contrattazione apposita. Ad esempio, qualora il lavoro non fosse sotto l’egida di un CCNL apposito, il salario minimo sarebbe comunque garantito. Ciò accadrebbe attraverso la disciplina del Contratto collettivo del medesimo settore riferito a mansioni equiparabili. In caso di pluralità, invece, sarà la categoria merceologica a essere il punto di riferimento. E, in ogni caso, il minimo obbligatorio non potrà essere inferiore a quanto previsto per la prestazione dedotta in obbligazione.
Per alcuni lavoratori, a fronte dell’introduzione di un minimo orario, gli incrementi sarebbero sostanziali. Ad esempio, per chi opera nel contesto del servizio al cliente nel settore della ristorazione. Uno stipendio medio di poco superiore ai 7 euro, il minimo salariale sarebbe già di per sé più elevato.
Riassumendo…
- L’introduzione del salario minimo resta un’ipotesi calda: le opposizioni premono per l’inserimento del minimo orario di 9 euro lordi l’ora;
- l’adeguamento sarebbe costante anche nel caso di pluralità di contrattazione o addirittura in assenza della stessa.