I rendimenti dei fondi pensione nel corso del 2023 non sono certo brillanti rispetto a quanto offerto dal Tfr. Dopo il crollo del 2022, il recupero appare ancora lento e difficoltoso, data l’incertezza economica internazionale e l’inflazione pesante. Si salvano solo le linee azionarie che hanno beneficiato di maggiori guadagni dopo le rovinose perdite dello scorso anno.
In ogni caso, una rondine non fa primavera. Per recuperare le violente perdite dello scorso anno a causa del ritorno imporvviso dell’inflazione bisognerà attendere ancora molti anni.
Quanto hanno reso i fondi pensione nel 2023
Ciò premesso, vediamo quanto hanno reso i fondi pensione nell’arco dei primi nove mesi del 2023. Secondo i dati Covip, da gennaio a settembre, solo i fondi azionari sono stati in grado di battere il Tfr. In questi comparti si evidenziano rendimenti che vanno dal 4,5% dei fondi negoziali, al 5,5% dei fondi aperti e al 6% nei PIP.
Negli altri comparti, quelli meno rischiosi, le cose stanno diversamente. Per le linee bilanciate i risultati sono in media del 2,1% nei fondi negoziali, del 2,2% nei PIP e 3% nei fondi aperti. Più contenuti, infine, i rendimenti dei comparti obbligazionari e garantiti, con rendimenti dell’ordine dell’1-2%. Contro una rivalutazione del Tfr che a settembre2023 era pari all’1,5%.
Numeri che, visti così, fanno ben sperare e pensare. Ma bisogna partire da un dato di base importante: nel corso del 2022 se ne sono andati guadagni realizzati in un arco temporale che va dai 5 agli 8 anni. E ci vorrà altrettanto tempo per recuperare le perdite. Con la differenza che chi ha iniziato a destinare il Tfr nel 2012 o prima è riuscito a compensare il crollo.
I rendimenti nel lungo periodo
Analizzando i rendimenti su un orizzonte temporale decennale, più consono alle finalità della previdenza integrativa, si possono valutare bene le cose. Sempre secondo i dati Covip, da inizio 2013 a fine settembre 2023, i rendimenti medi annui dei fondi pensione azionari hanno dato mediamente il 5%. Invece. per le linee bilanciate, i rendimenti medi vanno dall’1,8% dei PIP di ramo III, al 2,7% dei fondi negoziali e al 3% dei fondi aperti. Addirittura a zero si collocano le linee di investimento obbligazionarie e garantite.
Il paragone col Tfr, in questo caso, diventa di fondamentale importanza per chi è indeciso se lasciare i soldi in azienda o affidarli a un fondo pensione. La rivalutazione del trattamento di fine rapporto negli ultimi 10 anni è risultata pari al 2,4%.
Pertanto, solo i fondi pensione azionari, aperti o chiusi poco importa, hanno sfoggiato numeri migliori. Ma il lavoratore non deve dimenticare che questi rendimenti non sono sicuri né ripetibili perché dipendono dalle fluttuazioni dei mercati. Così come non è detto che da questo momento in avanti le linee obbligazionarie possano regalare soddisfazioni finora inespresse. Ma potrebbe accadere anche il contrario. Tutto dipende anche dal timing, cioè dal momento in cui si inizia a versare soldi nei fondi pensione. Un rischio che non ci si può accollare se lo scopo è quello di farsi una pensione integrativa.
Riassumendo…
- Nei primi 9 mesi del 2023 solo i fondi pensione azionari hanno battuto il Tfr.
- Risultati poco soddisfacenti per le altre linee di investimento meno rischiose.
- Nell’arco di dieci anni i fondi pensione non azionari hanno reso più o meno come il Tfr.