Dal prossimo anno per andare in pensione anticipata non basteranno più 62 anni di età. Ce ne vorranno almeno 63. E’ questo il cambiamento sulle pensioni proposto dal govenro e che prevede il prolungamento di altri 12 mesi del sistema delle uscite anticipate dal lavoro. Fermo restando il requisito contributivo a 41 anni. Si passa, in buona sostanza da Quota 103 a Quota 104.
Una deroga al sistema delle pensioni ordinarie che sarà accompagnata dal rinnovo dell’incentivo economico (ex bonus Maroni) a restare al lavoro.
Quota 104, la pensione anticipata diventa quasi impossibile
Con Quota 104, quindi, si allunga l’età pensionabile a 63 anni di età. Servirà un anno più rispetto a Quota 103 per ottenere l’anticipo pensionistico anche se il lavoratore ha già 41 anni di contributi maturati. Vale per tutti i lavoratori, dipenenti e autonomi, pubblici e privati. A essere maggiormente coinvolti saranno i nati negli anni 1960-1961 che si troveranno in una situazione border line fra contributi ed età pensionabile.
La platea sarà ridotta per gli aventi diritto a Quota 104. Coloro che al 31 dicembre 2023 avranno 41 anni di contributi e 61 di età, ad esempio, non potranno lasciare il lavoro l’anno successivo. Dovranno aspettare il 2025. A meno che possano rientrare nella possibilità di andare in pensione anticipata col solo requisito contributivo indipendentemente dall’età anagrafica. Quindi con 42 anni e 10 mesi di contributi (uomini) o 41 anni e 10 mesi di contributi (donne).
Per costoro Quota 104 rappresenta, dunque, uno step ulteriore verso l’avvicinamento alla pensione anticipata secondo le regole Fornero che prevedono appunto il possesso di requisiti contributivi superiori ai 41 anni a prescindere dall’età anagrafica. E’ quindi una ulteriore restrizione rispetto a quanto previsto per Quota 103 e un ulteriore avvicinamento al requisito per le pensioni anticipate.
Quanto si perde sull’assegno
A parte ciò, andando in pensione con Quota 104 rispetto a Quota 103, vi è un leggero vantaggio economico perché si esce un anno più tardi. L’importo dell’assegno è calcolato, oltre che sul montante contributivo, anche in base al coefficiente di trasformazione (applictao alla sola parte contributiva) che è più alto a 63 anni rispetto a 62, a parità di anni di contributi versati.
Tuttavia, il lavoratore che dovesse accettare l’incentivo economico (bonus Maroni) con la rinuncia al diritto alla pensione fino al raggiungimento dei requisiti di vecchiaia, subirebbe una leggera penalizzazione. Il bonus che il lavoratore dipendente riceve in busta paga verrà riconosciuto pescando dalla quota contributiva a suo carico che equivale al 9,19% dell’imponibile previdenziale.
Quindi verranno a mancare dei versamenti contributivi ai fini pensionistici. Il che renderà la pensione futura meno ricca perché dal momento in cui il lavoratore accetta di restare al lavoro non riceverà più parte dei contributi sul proprio conto Inps. Non solo: detta quota confluendo in busta paga sarà soggetta a tassazione ordinaria in base alle aliquote fiscali previste dal nostro ordinamento.
In sostanza quindi, la scelta del lavoratore di rinunciare alla pensione con Quota 104 lo avvantaggerebbe nell’immediato con una retribuzione più alta. Ma in futuro avrebbe una pensione meno ricca.
Riassumendo…
- Con l’arrivo di Quota 104 si andrà in pensione un anno più tardi, a 63 anni.
- Per molti lavoratori Quota 104 sarà quasi coincidente con la pensione anticipata Fornero.
- E’ possibile sfruttare il bonus Maroni, ma la pensione sarà più bassa rispetto alle previsioni.