La bolla obbligazionaria è scoppiata e il fragore è stato più forte di quanto temuto. Diverse migliaia di miliardi di dollari in fumo nel mondo per il rialzo dei rendimenti, tanto veloce quanto ancora parziale. L’era dei tassi negativi è quasi giunta a conclusione (finalmente!) e per i detentori dei bond senza cedola emessi negli ultimi anni, in particolare, sono forti dolori. In settimana, per la prima dopo diverso tempo non c’è stata più alcuna obbligazione societaria inserita nell’indice Bloomberg riservato al comparto “investment grade” ad offrire rendimenti sottozero.
Mondo alla rovescia nell’era dei tassi negativi
L’era dei tassi negativi è stata una pacchia impensabile per gli emittenti (debitori), una maledizione per gli obbligazionisti (creditori). La Germania ha guadagnato quasi 13 miliardi nel 2020-’21 dall’emissione dei Bund, dato che è stata pagata dal mercato per indebitarsi. Persino la Spagna nel 2021 ha guadagnato 100 milioni di euro, essendo riuscita mediamente a indebitarsi a un costo del -0,04%.
Queste assurdità senza fondamento economico – lo avrebbero avuto solo in un ambiente strutturalmente e marcatamente deflattivo – stanno infliggendo perdite eclatanti a quanti abbiano avuto l’imprudenza di acquistare bond senza cedola negli ultimi anni. In questo caso, infatti, non c’è neppure un flusso di reddito ad attutire il tracollo virtuale del capitale.
Due esempi estremi di bond senza cedola
Vi ricordate del Bund 2050 zero coupon emesso nell’agosto 2019 (ISIN: DE0001102481) persino sopra la pari? Ha debuttato sul Mercato obbligazionario di Borsa Italiana a un prezzo di quasi 108. Ieri, scambiava a meno di 77. E nelle sedute precedenti era sprofondato fin sotto 75 centesimi. Chi lo avesse acquistato due anni e mezzo fa circa e lo dovesse rivendere in questi giorni, subirebbe una perdita in conto capitale del 29%. Nel frattempo, un investitore tedesco avrebbe accusato una perdita del potere d’acquisto di quasi il 10,5%.
Tutto questo in poco più di due anni e mezzo, precisiamo. Il senso del ridicolo si è toccato con mano anche con l’emissione di un bond senza cedola in dollari da parte del Ghana, debitore “spazzatura” e sempre più a rischio default. Certo, l’emissione avvenne ben sotto la pari, ma sta di fatto che la quotazione del titolo con scadenza 7 aprile 2025 (ISIN: XS2325742166) è crollata in un anno da oltre 78 fin sotto 50 centesimi. Ieri, stava poco sopra 60, pari a un rendimento lordo annuo del 18,4%. Nel frattempo, un investitore americano avrebbe accusato una perdita del potere d’acquisto dell’8,5%. In definitiva, la perdita complessiva dell’investimento sarebbe stata per lui del 30%.
Finita un’era, lascito pesante
Per fortuna ad avere acquistato questi bond senza cedola a lunga scadenza o da emittenti “junk” sono stati essenzialmente gli investitori istituzionali. Ma siete contenti di sapere che chi gestisce il vostro denaro si sia esposto a perdite possibili così elevate? Il punto è che con i tassi negativi imposti dalle autorità monetarie, sfuggirvi è stato in questi anni quasi impossibile. Servono asset di qualità nei portafogli per ragioni regolamentari. In alternativa, ci si è dovuti assumere rischi elevati per ottenere rendimenti almeno dignitosi. Quell’era sembra finita, ma gli strascichi si sentiranno per diverso tempo nelle tasche degli obbligazionisti.