La borsa americana ha vissuto il suo peggior primo semestre dal 1970. L’indice Dow Jones ha ripiegato di quasi il 16%. Considerato anche il tasso elevato d’inflazione, il calo è stato di oltre il 20% in termini reali. C’è aria di crisi sui mercati finanziari. E le banche centrali stavolta non possono venire in loro soccorso, occupate come sono a contrastare un’inflazione sfuggita pericolosamente al loro controllo. Un indicatore più di ogni altro forse ci fornisce un’idea grossolana di come stiano andando le cose nel mondo.
C’è un indicatore molto attenzionato sui mercati: il copper/gold ratio. Parliamo del rapporto tra il prezzo del rame e quello dell’oro, in entrambi i casi nella stessa unità di misura (once o kg). Questo rapporto mostra storicamente un tasso di correlazione positiva dell’85%. Vediamone il suo andamento nel grafico sottostante relativo all’ultimo anno:
Rame e oro, ecco il segnale
Perché mettere in relazione i due prezzi? Il rame è un buon indicatore della congiuntura economica internazionale. Per i due terzi il metallo è utilizzato nei processi produttivi, specie legati alle costruzioni. L’oro è, invece, un metallo dallo scarso impiego produttivo e al quale da millenni si guarda in qualità di bene rifugio. Quando il prezzo del rame sale, significa che l’economia mondiale va bene. Se sale l’oro, significa che o c’è alta inflazione da cui il mercato vuole proteggersi o l’appetito per il rischio sta diminuendo.
In altre parole, il copper/gold ratio segnala il grado di propensione al rischio sui mercati globali: più esso è elevato, maggiore la propensione ad investire in asset rischiosi come le azioni; più esso è basso, maggiore la propensione ad investire in asset “sicuri” come i bond.
Aria di crisi sui mercati
Il combinato tra i due grafici esita una fotografia per niente rassicurante sullo stato dell’economia mondiale atteso nei prossimi mesi. In sintesi, i mercati stanno scontando la recessione dell’economia americana e/o globale. Per questo la domanda di rame si contrae più drasticamente di quella per l’oro. Ne consegue che il prezzo del rame a giugno sia diminuito del 18%, quello dell’oro del 2,3%. In effetti, la vera paura non è per l’inflazione, altrimenti l’oro dovrebbe apprezzarsi, mentre venerdì scorso stava a 1.790 dollari l’oncia, ai minimi da dicembre.
Di più: i rendimenti americani sarebbero ormai troppo alti rispetto allo scenario atteso. Non è un caso che a giugno siano già scesi di mezzo punto percentuale sulla scadenza a 10 anni. Ed è ancora poco. Il secondo grafico ci paventa una ulteriore caduta dei rendimenti, evidentemente sull’aumentata avversione al rischio attesa. E così, il copper/gold ratio si è contratto del 14% in un mese, segno che le condizioni macro si starebbero deteriorando. E la stretta monetaria americana arriverà al capolinea ben prima di quanto scontato dal mercato. Per la BCE sarebbe un bel pasticcio ritrovarsi ad alzare i tassi in ritardo e mentre già la Federal Reserve dovesse tagliarli.