La crescita dell’economia mondiale nel 2016 sta diventando una vera incognita per gli organismi internazionali, che pur avendo limato di recente le loro stime, non si mostrano del tutto pessimisti. L’FMI prevede una crescita globale del 3,6%, l’OCSE del 3,3%. Questi numeri non autorizzerebbero a parlare di recessione, anche se alcune grandi realtà economiche potrebbero effettivamente registrare una contrazione del pil. Ma c’è un indicatore poco monitorato dai media internazionali, ignorato a gran torto persino dai policy makers, che dovrebbe ricevere, invece, maggiori attenzioni, perché il trend che ci segnala da mesi è a dir poco preoccupante.
BDI rispecchia scambi commerciali
La logica de BDI è la seguente: quando i commerci tra paesi crescono, perché aumenta il loro import/export, per la legge della domanda e dell’offerta saliranno anche i prezzi richiesti per il trasporto delle merci su navi. Viceversa, si assisterebbe a un calo dei prezzi. Pertanto, quando il BDI sale, segnala un incremento dei traffici commerciali, ovvero un’economia globale più vivace e in crescita. Quando il BDI scende, ci dice che gli interscambi commerciali diminuiscono, quindi, che lo stato di salute dell’economia mondiale sta peggiorando. Nel febbraio scorso, questo indice toccò il minimo storico a 500 punti, salvo risalire nei mesi successivi, fino a portarsi a oltre 1.100 punti in agosto. Da allora, tuttavia, con l’eccezione della seconda metà di settembre, ha ripiegato nuovamente, scendendo intorno ai minimi record ai 550 punti di metà novembre. Non a caso, un mese fa, il colosso delle spedizioni via mare, Maersk, tagliava le stime sulla crescita dei commerci nel range 2-4% dal 3-5% precedente, lanciando un profit warning.