Lo scontro tra quieto vivere e ambizione
Ne segue un confronto tra chi persegue un’esistenza, basata sull’ambizione, sul miglioramento di sé stessi, sulla carriera e chi, come il dipendente pubblico-tipo, ritiene che la vita debba essere imperniata sulle certezze, su un modo di vivere rilassato, anche al costo di rinunciare a qualsiasi ambizione personale e professionale. Si scontrano due Italie, quindi, che contrariamente a quanto spesso ci viene spiegato sui media nazionali, non rappresentano in molti casi 2 diverse generazioni, perché anche all’interno di ciascuna, infatti, si ritrovano modi di pensare diametralmente opposti, specie al Sud. Il film è geniale nel descrivere i vizi dell’Italia di ieri e di oggi, rivelandoci l’intreccio tra la Pubblica Amministrazione e la politica, con quest’ultima personificata dall’attore Lino Banfi, nelle vesti di senatore, ormai un “rottamato”, che aveva basato le sue fortune elettorali proprio sulla creazione di posti fissi nel pubblico impiego.
L’Italia profonda e la voglia di modernità
Ma la critica non è solo e tanto alla politica, quanto al “lieto vivere” ambito nei cuori dell’Italia profonda, dove la garanzia della stabilità prevale su qualsivoglia ambizione di carriera e di realizzazione personale. C’è, però, un altro aspetto in risalto nel film, che non tutti hanno forse colto: la critica al provincialismo degli italiani, che pur di mostrarsi moderni (“civili”, per usare il termine di Zalone), si mostrano disposti ad accettare modi di pensare e di fare lontani dalle nostre tradizioni e dalla nostra impostazione culturale, magari parlando male del nostro paese, quando si trovano all’estero, quasi per ostentare una presa di distanza netta da ciò che vengono considerate arretratezza e mancanza di senso civico.