Quota 100 non è stato quel successo tanto sbandierato dalla Lega per le pensioni anticipate. Secondo l’Inps, dal 2019 al 2021, triennio di sperimentazione alla deroga Fornero, solo un lavoratore su tre ha lasciato il lavoro in anticipo.
Qualcosa è andato storto e le previsioni della Lega per mandare in pensione un milione di lavoratori a 62 anni sono risultate disattese. Non c’è nemmeno stato quell’impulso alle assunzioni in conseguenza alle uscite anticipate.
Quota 100 ha fatto flop
Più nel dettaglio – scrive l’Inps – le domande di pensione con Quota 100 accolte tra il 2019 e il 2021 sono state poco meno di 380 mila.
“ampiamente al di sotto di quelle attese” e l’importo è “inferiore di circa 10 miliardi rispetto ai 33,5 stanziati dal DL 4/2019“.
Vero che mancano ancora migliaia di pensioni all’appello, cioè quelle ancora non liquidate e per le quali i lavoratori hanno maturato e cristallizzato il diritto. Nel complesso, però, sempre secondo l’Inps, si potrà arrivare prossimamente al massimo a 450 mila pensioni liquidate con Quota 100.
Le ragioni dell’insuccesso
Viene ora da domandarsi le ragioni di tale insuccesso. Ogni giorno ci si lamenta che si va in pensione troppo tardi, salvo poi scoprire che gli italiani preferiscono restare al lavoro più a lungo. Insomma, non si capisce bene cosa ha spinto due lavoratori su tre a non cogliere l’occasione di Quota 100.
Secondo gli esperti di previdenza, il motivo è riconducibile unicamente a ragioni economiche. Quota 100 prevede il pensionamento a 62 anni di età con almeno 38 di contributi. Ma a quell’età la pensione è più bassa che a 67 anni (vecchiaia) e si perde in media il 5,2% per ogni anno di anticipo.
Ma soprattutto con Quota 100 scatta il divieto di lavorare. Il pensionato, infatti, non può più percepire redditi da lavoro fino a 67 anni, pena la sospensione dell’assegno.
La maggior parte delle richieste arriva, invece, dai lavoratori dipendenti e in particolare da quelli pubblici che rappresentano il 31% del totale e percepiscono una pensione mediamente più alta.